Ho bisogno di un rifugio.
Un posto giusto al momento giusto; un locale sempre aperto dove nessuno badi a me, tipo se fossi scalza, spettinata o senza trucco.
Dentro.
Ho bisogno di estraneità.
Nessuna caramella, nessuna domanda, e se vuoi un panino e un caffè nessuno ti rifila anche il dolcetto alle mele, altrimenti uno chiede panino, caffè e dolcetto alle mele, e no, non voglio la coca cola con 0,99 € in più. E neanche amici dal contatto facile.
Dentro.
Ho bisogno di un alibi.
Un vorrei ma non posso, casomai ne fosse avanzato qualcuno ai codardi, se non è di troppo disturbo, altrimenti, continuo ad arrangiarmi con i miei "Non voglio", mentre mi osservo al di qua del vetro, con il resto del mondo nell'acquario.
Blop Blop Blop.
Pesci colorati dalle pinne lucide e scattanti.
Dentro.
Ho bisogno di una birra, dieci anni di meno, facciamo quindici, anzi no. Ognuno ha gli anni che si sente ed è da quando ne ho venti che me ne sento cento. Poco cambierebbe. Prosit.
Dentro.
Ho bisogno del non luogo più bello della terra. Il posto dove nessuno ti conosce o ti vede, dove un sorriso distratto non ha spiegazioni né domande.
Sono qui e il resto non esiste, non conta e non c'è.
Dentro.
Inclino leggermente la testa e nevica. Un globo natalizio, una clessidra gelida e soffice. Il candore del miracolo. Fuori c'è il sole, ma io sono Dentro.
E chiudo a chiave, respiro e appoggio le mani alle pareti sottili di vetro. Faccio le boccacce ed è perfetto. Nessuno si gira, nessun perché. Mi andava di farle e Dentro è il posto perfetto. Massima insicurezza, allarme inserito.
Dentro.
Cambio il cielo con un dito, sposto alberi con una mano e punteggio la pelle e le stelle. Corro, canto e salto. Rido, piango e penso.
Dentro.
Ho trovato questo posto una notte di tanti anni fa. Da allora, viaggio instancabilmente, senza biglietto. Prima classe, lato finestrino, scompartimento fumatori.
Tutto quello di cui ho bisogno, una "Stanza delle Necessità" su misura. Non raggiungibile.
Nessuno ci arriva, neanche su invito. Al massimo, puoi pulirti i piedi sulla soglia, una cosa tipo "Ma che belle piastrelle, gli infissi sono di alluminio?" e poi arriva il momento in cui ti dico che zucchero non ne ho, la farina é finita e ho molte cose da fare. E non puoi entrare. Impossibile da vedere, scalare o sfondare.
Un luogo insidioso, così lontano da essere a un passo da me. Ed è mio.
E sono io. Dentro.