Canto, nella penombra della stanza; il sedere sulla poltrona, le gambe sulla sedia di fronte a me, spalle leggermente incassate, e poi mi lamento della tensione al collo, mac sulle ginocchia, telefono cordless alla mia destra, così se suona posso vedere il display illuminarsi, iphone tra chiappa sinistra e cuscino, così se vibra lo sento, mentre ascolto la musica e canto, ridacchiando, perché certe giornate le neutralizzi con una risata sufficientemente sarcastica; canto e riavvolgo il nastro, perché questa lunga giornata ha avuto inizio cadendomi tra capo e notte.
Ore 3.15: mi sveglia un fastidiosissimo "beeep beeep beeep" tanto che il Dr House mi saluta e si allontana dal mio sogno per lasciarmi sul
più bello di una litigata e sono qui, nella penombra della camera che realizzo di avere
ancora la finestra aperta.
L'aria è fresca, strano, l'anticiclone nordafricano usa i guanti di seta a questo giro. Non sto sognando, sono sveglia eppure sento ancora le macchine della terapia intensiva e i loro Beep Beeep Beeep. Del Dr. House neanche il camice, in compenso la retro del camion della spazzatura è stata ingranata e se scrollano ancora un po' quei cassonetti scendo a dirgliene quattro, qui c'è gente che si sveglia!
Sveglia.
Una parola che potrei analizzare in ogni sua accezione, sono laureata in sveglia di tutti i tipi, specializzazione in sveglia per un po', " e se non dormo?" penso.
Il dente bruciacchia,
"per fortuna ieri sera ho preso un oki, il mal di denti non mi frega, ho chiamato ieri la dentista per spostare l'appuntamento del due al nove, tanto era solo un controllo, non ho male, non ho niente, un mese fa ho fatto la pulizia, tolto il dente del giudizio, è solo un controllo, ", penso, e porca
zozza devo dormire, no pensare!
Mi giro dall'altra parte, mi fa male la spalla, devo chiudere la finestra, maledetto lampione, neanche la luna piena fa tutta quella luce, ora la stanza è semi buia, mi giro sulla spalla sana e, non so come, però mi addormento. Un sonno leggero, senza sogni, senza Dr House, senza ex, senza formiche che escono dai muri, senza mamma in camicia da notte al supermercato, senza aver fatto la pipì e quando si bevono più di due litri e mezzo di acqua non ci si può addormentare senza aver fatto pipì a metà nottata.
Mi sveglio che c'è ancora penombra. Devo fare pipì, guardo la sveglia, sono le 5. Il dente
martella ma è sopportabile, l'ho fregato, passo davanti allo specchio e mi
guardo, distratta. Capelli per aria, borse sotto gli occhi, anche un po' di
occhiaie in anticipo di tredici giorni. Il colore giallo pallido della lampadina mi dona, dà alla mia abbronzatura quell'innaturale tonalità ittero-estiva che si abbina così bene alla mandibola da Robert Redford che non ho mai avuto. Mi ha fregata. I denti lo sanno quando canti vittoria e prendi sottogamba l'appuntamento dal dentista, i denti sanno ancora di più quando posticipi un appuntamento e s'indispettiscono Alle 5.07 di questa mattina facevo le smorfie allo specchio, tirando sù i capelli e gonfiando la gota dalla parte sana per vedere l'effetto guanciotte da Arnold.
Tornata a letto sono rimasta sveglia fino alle 7, orario in cui ho preso un antibiotico. Tutti dovremmo avere una scorta di antibiotici nel cassetto, vicino agli slip, sotto i sogni.
La mattinata prosegue con la mia versione zombie che, in questi casi, definisco iperattiva, per ingannare il resto del mondo, soprattutto me stessa, "non ho sonno, io." mi ripeto, e mentre spolvero il comodino mi stanco un po' di più, mi siedo e chiamo mia madre, lei sa sempre come farmi riprendere le forze, lei sa come farmi sorridere, mentre mi domanda cosa preferisco sabato, se la carne o le polpette e opto per la focaccia, alla fine salta fuori la pasta fatta in casa al pomodoro fresco e basilico, focaccia e birra. Lei sì che sa come svegliarmi, poi butta lì che papà non sta benissimo da due giorni e va dal dottore a farsi visitare la pancia. La ruga verticale in mezzo alla fronte si affaccia e sdrammatizzo con una battuta, un vizio del cazzo che ho preso dalle conversazioni tra me e me. Penso che definire pancia il quartiere che ha mio padre in zona addominale sia come chiamare "cucciolo" Godzilla, lo dico, lei ribatte che a dieta non ci sta e penso che l'aggettivo più calzante per la vecchiaia sia "egoista" e papà sta invecchiando, ma non lo dico. Penso al medico dei miei genitori, un tempo è stato anche il mio, per poco, azzardo che sicuramente lo manderà a rifare un'altra colonscopia, tac ed esami su esami. Specialista o pronto soccorso, lui è fatto così, ha paura di curare, ma è bravo a farti girare.
Chiudo la telefonata, sposto l'appuntamento di sabato dalla parrucchiera, lo sposto a domani, perché così sabato mattina preparo un dolce da portare dai miei per sabato sera. Sbadiglio, ho bisogno di sentirti e raccontarti tutto quello che succede e ci sei, sorrido e penso che nel pomeriggio un sonnellino ci stia alla grande, magari dopo aver lessato il polpo, suona il telefono ed è mia sorella che mi dice di stare tranquilla perché non è successo niente. È il nostro codice per comunicarci gli intoppi di mamma e papà senza andare subito in apnea "papà va in pronto soccorso, aveva male durante la visita, ora si preparano con calma e ci vanno. Sentili anche tu."
Non ricordo bene le sequenze, sono passate tante ore e sono ancora sveglia. Alle 23.34 posso anche sbagliare qualche coniugazione e sticazzi. Il giro dell'orologio è meglio delle vasche in via venti.
Dico a mamma di prendere un taxi, lei mi dice di non preoccuparmi, cambio di programma: preparo il polpo ma non posso dormire, perché se mi chiamano e non sento il telefono è un casino. Mia sorella ha ospiti e mi chiede di aggiornarla, lei non potrà rispondermi, ma legge ed è preoccupata. Io cerco di sollevarle il morale ma lei non risponde già più.
Però legge.
Dopo circa due ore provo a chiamare mio papà e dopo un sacco di squilli risponde, con la sua flemma e confusione, mi dice di essere alla fermata della metro e penso perché cacchio non abbiano preso un taxi, lo dico e mi mordo il labbro, lui taglia corto perché è arrivata la metro, mi chiamerà lui e io penso che non lo farà perché ho cambiato numero fisso e lui conosce a memoria quello vecchio, ma non lo dico, resterò sveglia e tra un'oretta richiamo "ma che bella giornata".
Dopo due ore sento mia mamma e so che stanno facendo una tac d'urgenza e penso che mamma e io ci siamo passate un brivido. Da una schiena all'altra. Le faccio coraggio, lei lo fa a me, alza la voce di un tono, come quando vuole farsi sentire da papà, solo che lui è a fare la tac e non la sente, forse vuole dare coraggio a tutti i pazienti del pronto soccorso, ripete che non l'hanno fatta entrare e che se fosse stato grave l'avrebbero chiamata, lo ha detto molte volte, io non l'ho mai azzittita, neanche quando ha iniziato a dare contro mio padre dicendo che non ha chiesto niente, neanche a quanto aveva la pressione. Ha bisogno di prendersela con qualcuno e sono tentata di farla arrabbiare un po', mi sarei offerta volontaria, ma sono stanca e rischierei di attaccare, sul più bello. Lascio perdere, però le dico di abbassare la voce e lei sussurra "speriamo non ci sia niente".
Se non vi dispiace passo alla versione breve perché ho nausea dal sonno, non rileggo, dico solo che mio padre non ha nulla di grave, vengo a saperlo mentre ceno, deve fare una cura antibiotica e lo ricoverano. Chiedo a mamma se non sia il caso di andare da loro e lei prende la situazione in mano, come sempre, nonostante i suoi guai di salute. Dice che non è niente e che meglio dell'ospedale nessuno.
Salta il weekend insieme, "lei deve essere libera muoversi", le dico di prendere un taxi per andare a casa e lei dice di non preoccuparmi.
Le ricordo che domattina deve prendere il cortisone e che non può saltarla, ribadisce che lo sa, di non preoccuparmi.
Ore 22.22. Quattro cigni sul lago, mentre la luna… mioddio straparlo, ma quando vedevo le 22:22 sulla sveglia digitale pensavo sempre ai cigni. Papà è di sopra, non in camera, in una stanza, su una barella e mamma resta con lui. Domattina alle 8 la mandano via e passerà la notte su una sedia, a guardare il suo uomo dormire. Mi sono arrabbiata, mi sono commossa, mi sono sentita inutile. Ho augurato loro la buonanotte e ora penso che sia giunto il momento di alzare il dito medio a questa giornata. Sette minuti e sarà domani, ma che bella giornata.
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