A piedi scalzi sul balcone per sentire il sole sotto i piedi, come quando ho scoperto che il sole non è giallo. Ero scalza anche quella volta, scalza da sempre, intenta a smascherare il sole.
Sole che scalda e ruba le sembianze di tutto ciò che tocca.
Cielo azzurro e rami vestiti di verde brillante, il sole della mia infanzia, ambrato sulla pelle e liquido sul ghiacciolo al limone che mi moriva lentamente tra le dita.
Poche lire impiastricciate.
Sole inflazionato.
Malato e pallido sul cemento di città, tra cielo bianco e lunghe strade deserte. Infuocate, vive.
Sole vestito di noia.
Con l'azzurro cielo da nuotarci dentro, sole che penetra l'acqua del mare e si nasconde lì, tra le gambe, quando la pelle delle dita è raggrinzita sufficientemente e puoi uscire per farti accarezzare i capelli bagnati.
Sole di baci salati e abiti larghi troppo smorfiosi per giocare con i raggi, quando di aria non sono mai sazi. Quando di vento vogliono ancora impazzire.
Sole che veste e spoglia le stagioni, sole che non dorme mai e ritorna.
Sole che ti abbassa lo sguardo se lo fissi, sole vagabondo che salta sulla prima nuvola per diventare fortuna e colori.
Sole avvizzito, sui segni del tempo. Sole baldracca e sole composto. Sole che bacia i belli e secca le merde, sole maleducato che lo pensa e non lo dice.
Sòle sbagliato che non tinge né scalda, ma parla, parla e ancora.
Estate da sole africano, quello che lascia parlare di sé e porta allarmismo tra un raggio e l'altro.
Sole che si deve bere, mentre accarezza le fontane di ogni città, da nord a sud, sole che batte le spiagge e se ne sbatte di quali.
Portofino o Palermo, il sole non è di parte, è superiore.
Sole sulle gambe, immobili e pigre, sole che non scaccia le mosche e sorrido.
Sole che mi fai il solletico.
Sole che storce il naso, se lo fai anche tu; sole che del tuo pallore ne fa efelidi da unire al chiaro del primo saluto del mattino.
Sole che spia, tra le tapparelle "chiuse lente" e la polvere che segue la sua spada di luce.
Sole invincibile.
Sole sul cipiglio delle brutte facce che ostentano pezzi di carne, per distrarre, sole su corpi sfatti e sorrisi imbarazzati, sole che non risparmia pregi e imperfezioni e se ne frega, sole che illumina la cattiveria travestita da insicurezza.
Sole materno, sui castelli di sabbia dell'infanzia.
Sole che d'estate infierisce; sole che d'inverno bacia là dove il ghiaccio brucia sulla pelle arrossata delle mani.
Sole, che è così Estate da slogan, mentre lecca il tuo gelato, mentre sei troppo lenta e vi scambiate un bacio.
Sole; che solo un po' mi somiglia, ma io mi eclisso meglio.
mercoledì 29 luglio 2015
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