venerdì 8 aprile 2016

Giudizi Universali

Ho ripreso in mano quelle pagine, con la musica nelle orecchie e l'assenza della paglia tra le dita, forse per questo non volevo più guardarle, forse per questo non le sentivo più mie. Un tempo la notte era rumorosa e mi teneva sveglia, le parole si rincorrevano in testa e sentivo lo scalpiccio disordinato dei pensieri, tanto da coprire quello dei tasti, tanto da scorrere davanti agli occhi, con le note di una canzone sotto la pelle e la nuvola ingannevole nell'aria. Poi mi sono voluta più bene e ho smesso. Le parole si sono ammutolite e i miei pensieri mi guardavano in cagnesco. Se vi dicono che smettere di fumare sia difficile mentono, se vi dicono che sia bellissimo mentono, se vi dicono che ci si senta meglio mentono. La gente mente, noi siamo predisposti o meno, di più o per niente, a dare ascolto alle menzogne, anche tu, tu che ora mi stai leggendo sei predisposto a scorrere parole più o meno vere, una cosa è certa, è la mia verità del momento questa, e dico che smettere di fumare è uno schifo, non riprendo perché non posso, ma la voglia non passa. Neanche dopo più di un anno e mezzo.
Ho ripreso quelle parole, alcuni mesi fa, quando avevo fatto pace con l'astinenza, quando la notte e il giorno non avevano quella gran differenza e le ore si somigliavano tutte. Dovevo terminare qualcosa, perché tutto è iniziato per scherzo, perché quando ho cominciato ero più serena e perché non potevo lasciare una parte di me in pasto alla paura e all'ansia. Il bello della fantasia è che riesce a partorire senza avvisaglie, apri la diga e scrivi, disegni, descrivi, ti ascolti e ti estranei, ti racconti e metti un po' di te addosso a personaggi estranei che ti assomigliano più di quanto ti mostri lo specchio. Ho ripreso in mano quelle pagine e le ho plasmate a mia necessità, abusando di loro, violando i desideri più nascosti e mostrando angoli poco illuminati di una me stessa, che non ero io. Non dico sia stato facile, ma se li addossi a qualcuno che non sia tu sembra che a te non sia successo, che a te non piaccia quello e che tu non lo faresti mai, perché quella non sei tu. Tu narri, disegni e mostri ciò che la fantasia porta in grembo, sculacci quella parte di te un po' sgualcita che non sei tu, perché si chiama diversamente, affinché respiri e riempia i polmoni di vita, ricordando a te stessa di respirare tranquilla, perché tanto a te non è successo quello e continui a ripetertelo, per evitare fraintendimenti, come se l'occhio di chi legge sia l'occhio di Dio, come se ogni cosa scritta sia una parte di te deceduta, come se ogni cosa pubblicata sia la resurrezione, pensieri in attesa di giudizio. Allora ti ripeti che non credi, così non temi qualcuno che non esiste e quando scrivi ti convinci che tu stia parlando sola, così Dio non ti guarda; ché tutti la fanno facile, "Sei brava, sei scarsa, scrivi bene, scrivi male, sei una bella persona, sei pessima, sei, sei, sei" come se, al di fuori della grammatica, ci fosse un modo giusto o sbagliato di scrivere, come se gli stati d'animo non fossero di passaggio, come se io non detestassi i numeri pari, ma ho ripreso in mano quelle pagine e le ho portate a termine, così non sono più, ma sette. 

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