Piove, come se non lo sapessi; guardo fuori e lo penso sottovoce "se ci pensi piano, è come se non lo sapessi" e allora piove e non lo so.
Forse è il coraggio che mi manca, oppure, è la paura che mi acceca ed è per questo che mi racconto le cose sottovoce, fino ad assopirmi, vivendo giornate che non mi appartengono, dormendo giusto il tempo di una vita di pioggia, in un luogo piovoso con gente burrascosa.
Abito in una città che non mi è mai appartenuta, eppure mi tiene in pugno, e continuo a pensare che non mi piace, lo faccio sottovoce, così nessuno si accorge che ho scoperto le brutte persone che hanno reso questa città la mia prigione.
Vivo circondata da gente che con una sola occhiata pensa di conoscere tutti, di sapere come sei, se sei intelligente, furbo o stupido, allora non puoi fare altro che arrenderti alla loro finta espressione gioviale e lasciare che i loro occhi piccoli e porcini ti frughino in tasca, mentre ti ripeti che piove, mentre lasci che la tua vita scivoli senza voltarsi indietro, mentre ti dici che hai vissuto più tempo in prigione che in libertà, anche se hai fatto molte più cose prima, quando la città era tua, quando non era qui, la città; e vivevi in un posto in cui le persone non ti conoscevano da una parola o un caffè insieme. E mi mancano le persone che pensavano sottovoce, per non sbagliare o per farlo con garbo.
Piove.
Mentre mi domando quanto ci sia ancora da sacrificare, mentre sembrano passati secoli da quando gli occhi sorridevano e nessuno ti chiedeva "come stai?" rispondendosi al posto tuo.
Non esistono brutte città, sono gli abitanti i vandali che mettono a soqquadro ogni cosa lasciando il degrado in mezzo a strade pulite e costruzioni di lusso. Falsità vista mare, vacanze da sogno, pregiudizio incluso; mentre piove, mentre butto via un pezzetto di me. Poco a poco.
Hanno ingannato il mare.
Forse sto diventando come loro, forse sono stata contagiata, e lo penso sottovoce "così non si avvera", poi mi guardo allo specchio e penso che se lo faccio sottovoce posso anche raccontarmela, ma io sono straniera qui, non ho bisogno di mentirmi, e decido che non m'importa di loro, chiudo gli occhi e gioco a essere nella mia città, una qualsiasi.
Via da queste zecche che ti divorano dentro, via dai finti sorrisi, dall'egoismo e dall'incapacità di sorridere e dire "non lo so", già, io lo dico spesso, ed è stata la mia salvezza, finché dici di non saperlo qualcuno ti sorride, mentre ti pugnala e pensa che tu sia stupida. E lo pensa così forte da sporcare la facciata della sua dignità.
Piove e non lo penso.
Piove e lo dico perché è da un po' che non mi ascolto e, mentre osservo i vetri bagnati, mi domando se qualcuno sia mai riuscito a quantificare un "troppo tardi".
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