sabato 1 novembre 2014

Il buono della legge

"Mamma, ma i poliziotti hanno la pistola e uccidono?"

"I Poliziotti ci proteggono, la loro pistola serve solo a spaventare i cattivi, così possono metterli in castigo. Fino a quando non torneranno a casa più buoni."

"E la mamma e il papà di questi signori, poi, sono felici?"

"Sì. E ringraziano i poliziotti."

Mi hai raccontato un sacco di bugie, mamma, o forse anche tu pensavi fosse la verità, non saprei.
Ormai siamo adulte tutte due e qualcuno deve pur dire all'altra che le cose non sono proprio andate così.
Qualche volta magari, ma non sempre.
Vedi, mamma, ci sono state persone che andavano per la loro strada, canticchiando, forse barcollando e hanno incontrato i buoni, che li hanno riaccompagnati a casa ridacchiando e, con una tiratina di orecchie, li hanno assicurati alla loro famiglia.
Ci sono state persone che andavano per la loro strada canticchiando, forse barcollando un po', forse prendendo a calci una lattina nella notte, ma cosa c'entra questo, anche fosse stata la portiera di un'auto parcheggiata e qualcuno avesse chiamato i buoni lo avrebbe fatto per farli mettere in castigo, per far loro capire che quella cosa non deve essere fatta, per poi tornare a casa dalla propria famiglia fino a quando fosse servito capire. Ad alcuni è successo questo, mamma.

Ad altri no.

Ormai siamo grandi, mamma. Inutile girare le frittate, non che non sia servito far cuocere l'uovo dal rovescio, quando ero piccola e vedevo i buoni mi nascondevo dietro te o dietro la nonna e alcuni di loro se ne accorgevano, mi sorridevano o mi strizzavano l'occhio, allora io arrossivo e mi sentivo invincibile.
Sapevo che, se poco più avanti fosse passato un ladro e avesse rubato la borsetta a te o alla nonna, ci sarebbe stato un buono che lo avrebbe messo in castigo, fino a quando necessario. Un po' come facevi tu con me quando mi dicevi di sedermi e pensare bene a quello che avevo fatto o detto.

Con gli anni la frittata si stava bruciando, mamma, e oggi quando vedo i buoni ho paura.
E non posso più nascondermi dietro la gonna di qualcuno.

Ho paura di non trovare i documenti o che mi caschi la borsa e loro mi sparino, non volevo dirtelo così mamma, ma non sono giocattoli, quelle sono armi vere e, successivamente, le persone potrebbero pensare che io stessi brandendo una bomba. Chissà, mamma, da quando ho iniziato ad avere questi pensieri assurdi, so solo che ho paura, ma sorrido sempre ai buoni.
Quando ho paura sorrido di più.

Nei film, quando interrogano qualcuno, i buoni si mettono d'accordo, uno finge di essere cattivo per impressionare il ladro, l'altro mette il malvivente in guardia dal suo collega, gli offre una sigaretta, gli chiede se vuole dell'acqua. Poi il buono/attore finge di spazientirsi.
Hai presente, mamma? Gli arriva a tanto così dalla faccia, a tanto così; ma non lo sfiora con un dito.
Neanche quando il ladro gli sputa in faccia o gli piscia sulle scarpe, il buono lo sfiora. Lo sai perché?
Te lo dico io, mamma. Non lo sfiora neanche quando perde le staffe perché accanto a lui ci sono altri buoni che lo fermano e lo fanno ragionare. Portano via il malvivente e i buoni fumano una sigaretta in silenzio, quasi con vergogna, perché quella notte uno di loro stava per dimenticare le regole del gioco e stava per finire dall'altra parte della barricata. E se fosse successo lo avrebbero messo in castigo, affinché  il foglio di quaderno a quadretti abbia la linea che separa Buoni e Cattivi ben marcata.
Nei film succede questo, mamma, ma non qui. Non nella vita reale.
Non sempre.

Ricordi, mamma, quando ero piccola e una mia amica si fermava a dormire da noi? Ti sentivi responsabile, non ci lasciavi attraversare la strada da sole e al mare dovevamo essere sempre a portata di vista. Più del solito. Un giorno la mia amica ha avuto mal di pancia forte e tu hai chiamato subito la pediatra e i genitori per avvisarli di questo. Hai agito come se fossi io, perché dovevi custodire questa bambina e sai mamma, avevi ragione: tu eri responsabile, anche se lei si fosse fatta male da sola.

Non so cosa sia successo, mamma, so che i buoni rischiano duro per noi, per far sì che i bambini si sentano sicuri e invincibili per strada. Non so al posto di chi lavora sodo e con onestà come mi sentirei se i miei colleghi si sporcassero le mani e la coscienza. Non so se riuscirei ad ammiccare a una bambina che guarda la mia pistola da dietro la gonna della nonna. Al posto di un buono che torna a casa dalla famiglia sapendo che, a causa dei miei colleghi, le persone per strada potrebbero avere paura di me, sarei preoccupata e arrabbiata e la sai una cosa, mamma? Penso che se esistesse Superman, oggi, non assicurerebbe i farabutti alla giustizia.

Vedi mamma, mi dispiace averti detto tutto questo, è un po' come quando ho scoperto che Babbo Natale non esiste, ma quella volta ho finto di crederci ancora un po'. Più per te che per me.
Ora non si tratta più di giocare mamma, si tratta di dire le cose come stanno.
Certo che so cos'è il castigo, anche da piccola sapevo che la prigione era un castigo diverso dal "siediti a riflettere" e avevo paura della prigione perché sapevo che non vi avrei visto sempre, perché non avrei potuto guardare i cartoni o parlare e ridere con Antonella. Sapevo che non si poteva andare a prendere un gelato o andare alle giostre, fino a quando non ti lasciavano tornare dalla tua famiglia. Sapevo che alcuni cambiavano e sapevo che altri continuavano a farsi portare in prigione, perché non volevano cambiare o non ci riuscivano. Quello che non sapevamo, né tu né io, mamma, è che Stefano, Giuseppe, Federico, Riccardo e chissà quanti altri, non sono mai stati riaccompagnati dalle loro famiglie, perché qualcuno ha pensato che fossero figli, fratelli, amanti, cugini o amici di nessuno. Perché i buoni che sorridono ai bambini preoccupati, quella volta, non erano di turno o forse perché qualcuno si è voltato dall'altra parte. Non so perché, mamma, so solo che Stefano, Giuseppe, Federico, Riccardo e chissà chi altri, hanno attraversato la strada senza essere custoditi.
E nessuno è stato responsabile di e per loro.




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