lunedì 6 novembre 2017

Cartolina dal ciglio

Cara mamma,

è da tanto che non ti scrivo, da quelle letterine imposte dalla maestra, copiate e ricopiate per colpa di una cancellatura di troppo o di una sbavatura colorata che faceva così disordinato, e il disordine, lo sai, a Suor Gisella non piaceva. Lei ci dettava l'amore in rima, mamma, e io dovevo amarti così, a piccoli balzi, impacciata, come un colibrì. Visto che disastro? Proprio non ci riuscivo. Io voglio amarti come mi hai insegnato tu, ansiosa, preoccupata, apprensiva e sì, diciamocelo mamma, anche un po' nevrotica, seppur amorevole e presente. Attenta.
In rima no.
Cara mamma, finalmente è arrivato un Novembre familiare, non freddo come quelli dei proverbi della nonna, ma grigio abbastanza da sentirmi un po' più viva. Non so se te l'ho detto, ma quest'estate mi ha messo in ginocchio, sono stata male mamma, ma non potevo dirlo a te, non come avrei voluto io, perché se c'è una cosa che ho capito di te, è che tu lotti sempre per qualcosa o qualcuno che non sia tu, ed è questa la tua forza e la tua fragilità, in questo ci somigliamo abbastanza. Ora che l'estate è passata vivo nel terrore che questo inverno voli via in fretta, tanto da non riuscire a trattenere la condensa delle parole urlate al vento tagliente, tanto da ritrovarmi in un riverbero giallo che non mi rispecchia, ma che mi tiene prigioniera dentro l'effetto morgana che mi solca il viso.
Sono passati alcuni mesi, la mia app dice che manca poco a Natale, e quest'anno lo sento poco. Scherzo sulla neve che non arriva, sui doni e sui film, ma volevo dirti che al telefono non puoi vedere lo sguardo serio, quasi assente, di una donna delusa. Una volta mi hai raccontato che le persone ti cercano solo quando stanno male e di quando non sentivi le colleghe, amiche o cugine, perché stavano bene, poi tornavano quando dovevano annunciare guai e disgrazie e tu eri sempre lì, pronta ad ascoltare, fino a quando hai esaurito la tua energia, allora sono scomparse tutte. Una volta mi hai raccontato della tua attenzione a non annoiare gli altri con i tuoi problemi, tu che hai sempre avuto la delicatezza di non pesare sulle persone vicine, figuriamoci sugli estranei, e avrei voluto dirti che ho imparato da te queste lezioni, tanto da sembrare forte e competente, come se ci credessi davvero ai miei "andrà tutto bene" mentre quella paura sottile che tutto crolli, mi vibra sotto i piedi.
Sabbia.
Cara mamma, Novembre è arrivato, ho acceso i termosifoni e fuori piove, no, non scrivo per parlarti del tempo, volevo dirti che vivo nel terrore tu possa stare peggio di così, che sono un'arrogante del cazzo, ma è tutta scena, e sono stanca di elargire risposte; le persone vogliono consigli, le risposte invece non piacciono, sono dirette, come l'aria del mattino dei Novembre dei proverbi della nonna. Cara mamma, ho ricominciato ad avere paura di sognare, vorrei chiederti di raccontarmi i tuoi di sogni, ma ho paura anche dei sogni degli altri, vorrei chiederti di non dormire, potresti ascoltarmi parlare di quando m'insegnavano ad amarti in rima, io che sono cresciuta amandoti così, come un dipinto astratto, nato dall'emozione più nascosta del suo pittore. Vorrei ascoltarti ricordare e accarezzare la giovinezza nel tuo sguardo, per una notte intera, forse due, per poi addormentarmi accanto a te e potermi sentire ancora un po' piccola; quel tanto da rimandare le responsabilità, fino alla prossima estate, fino al grigio dell'orizzonte osservato dal vetro appannato del tempo.
Lascia stare la clessidra, mamma, lascia ferma la sabbia e raccontami un altro proverbio Novembrino.


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