Più passano gli anni e più mi domando come facessi a dormire così, appiccicata a mia nonna, a mia sorella, a mia mamma, a mio papà o con tre peluche, mentre fuori le cicale facevano festa e Giuseppe piantava i pali della vigna a tempo del frinire insistente.
La fronte, il collo e i capelli madidi, mentre l'estate soffiava il suo respiro, bruciando sotto la pelle, sfocando i sogni di quel sonnellino pomeridiano "così poi andiamo a prendere il gelato, quando ti svegli".
Ancora mi domando come facessi a dormire e svegliarmi sorridente, nella mia maglietta bianca, con i miei slippini a righe rosse un po' sbiadite, sorridente, nonostante il caldo e le cicale insolenti. Un sorriso a dispetto dei problemi dei grandi e della loro fretta, ma una promessa è sempre stata una promessa e io avevo dormito. Un sorriso per il gelato fragola e fior di latte, perché al cioccolato non mi piaceva e loro lo sapevano.
Ancora mi domando come facessi, quando nei locali pubblici non c'era aria condizionata e fumavamo tutti insieme. Estate e inverno, anche nelle mezze, ora che ci penso. Quelle paglie bruciate di fretta guardando verso la porta, ché se fosse entrato qualche conoscente spione sarebbero stati guai. Quando il sole ci baciava in spiaggia e non volevo più dormire con nonna, mamma, sorella, papà né peluche, quando non osavo dormire tra braccia estranee, ma disegnavo con la mente come potesse essere, d'estate, durante i pomeriggi al mare a fingere che l'acqua fosse troppo fredda per nascondere i brividi, mentre il sole ci bruciava lentamente. Mi domando come facessimo, quando nessuno diceva di bere tanto, lentamente sì, ma mai tanto. Io le ricordo tutte le mie estati, noi che viviamo in città di mare abbiamo sempre fatto i conti con la solitudine degli inverni e la nostalgia delle labbra salate, fatte di promesse sciolte nella schiuma delle onde. Noi che siamo cresciute in città di mare abbiamo una canzone per ogni persona che si è fermata ad ascoltare quello che siamo, quando ancora era tutto spontaneo, quando ancora gli scogli ci nascondevano e le sirene arrossivano.
E mi domando come facciano, adesso, senza un'estate da poter ricordare al buio della stanza in una sera di metà settembre, mentre il lenzuolo copre le spalle baciate dall'ultimo sole della stagione, senza l'attesa del postino e di una cartolina che ti strapperà un sorriso e una punta di gelosia di tuo padre.
Estate diversa, di locali freschi e istantanee di plastica, di caldo esterno ed emozioni confezionate, niente scogli signori o il mondo non saprà mai quanto sia bassa la notorietà. Mentre suona un allarme che azzittisce una cicala, mi domando perché.
mercoledì 2 agosto 2017
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