Non so come sia andata, dove o quando.
Ci sei, ti vedono, ti parlano, ti parlano, ti parlano, e tu sei lì, che non puoi muoverti, non puoi alzarti e andare via, semplicemente, senza dire una parola, smettendo di ascoltare, spegnendo quell'interruttore, azzerando il volume.
Off/Mute.
Non so quando ho iniziato ad andare via, o come ci sia riuscita, ma è successo; e ho salvato anche le apparenze, ché quelle non devi mai sacrificarle, me lo dicevano sempre la nonna e la mamma "Ricorda che l'impressione che dai di te rimane." e questa cosa ha influito molto durante la mia crescita, ma non come probabilmente avrebbero voluto loro.
Io avevo paura delle apparenze, una fifa boia di essere bollata a vita come ragazza felice, ragazza triste, ragazza fredda, ragazza frettolosa, pigra, iperattiva, passionale, arrabbiata, stronza e anche stupida. Le apparenze erano, per me, un'impronta caratteriale che, come quelle digitali, non avresti mai più cambiato.
La soluzione era non dare alcuna impressione, ma nessuna impressione equivale a diventare "la sfinge". Già, altra impressione, altra etichetta bollata addosso, mentre non lasciavo trapelare il mio conflitto interiore, mentre non volevo salvare le apparenze, mentre volevo rinchiuderle senza telefonata da alcun presidente, in attesa dell'iniezione letale, ero la sfinge.
e, lentamente, soffocavo.
Il giorno del funerale delle mie apparenze sono rinata. Le ho uccise tutte, una a una, non ero io, non ero così, non ero quello e non solo quello. Le persone avevano bisogno di conoscermi e di archiviarmi, e io ho lasciato che credessero, che pensassero di me, senza conferme né smentite. Non è bello, lo so, ma non mi è mai piaciuto essere scavata.
Le persone riservate suscitano sempre una certa curiosità, oh no, non quella curiosità; la gente, quando non sa niente di te, suppone e poi azzarda una conclusione travestita da domanda, senza aspettare una risposta, perché tanto se la sono già cucita dentro, allora ho imparato anche a non rispondere, quando non mi va e quando trovo la domanda troppo personale, perché chiedere non sempre è lecito, e molte persone dovrebbero andare a scuola di domanda; e visto che, rispondere è cortesia, allora rispondo che non mi va di rispondere, quando voglio essere cortese.
Le persone cercano le apparenze unicamente per poter sfoggiare la loro intelligenza, "ti ho capita da subito, tu sei la classica bla bla bla…" e, dentro, l'ago buca la mia pena.
Incuriosisco le persone unicamente perché non ho curiosità su ogni essere che respira, prendo atto delle presenze che mi circondano e vado avanti, archivio quel che mi danno, senza estorcere, finché non mi giro a osservare uno sguardo, un silenzio o un'intesa che non ha bisogno di punti di domanda.
Gli esclamativi si riconoscono sempre. Sono punti di vista e di gusto, quello buono.
Le conversazioni più belle sono quelle che nascono spontaneamente, come quei fiorellini minuscoli nell'asfalto, che li guardi e pensi "e tu, cosa ci fai qui, ti sei perso e chissà quanto hai viaggiato", e lui ti risponde parlando di quanto sia bello ascoltare i rumori della città, senza interrogativi, senza unghie.
Le conversazioni possono avvenire anche tra due perfetti estranei, ci si dà, mentre aspetti un mezzo pubblico in ritardo e non trovi l'accendino in borsa, allora senti il click, ti volti verso la mano che ti porge la pistola e non puoi fare altro che ringraziare . Ti aspetti che si parli di quanto sia brutto il vizio del fumo, invece no, nessuna frase fatta, non servono scuse per condividere una schiavitù, e in quel momento siamo due prigionieri dello stesso veleno, ci consumiamo in silenzio e ringrazi il cielo per il fatto che non faccia battute stupide per averti vista mentre mettevi via l'iphone piuttosto seccata.
Le conversazioni migliori sono quelle che non accennano alla pioggia sottile che ti sta bagnando anche l'anima, quattro occhi che guardano la stessa nuvola di fumo, mentre penso che la macchina sarebbe stata la scelta migliore, ma poi sarebbe stato un casino per il posteggio, mentre spengo il mozzicone e lo tengo in mano, guardandomi intorno alla ricerca di un cestino che non c'è, allora lo avvolgo in un fazzoletto di carta e vedo che mi sorride stupito, ricambio e noto che fa lo stesso, con la sua cicca, aggiungendo che solitamente non è così civile, allora gli racconto del mio raccoglitore per cicche che ho lasciato nell'altra borsa, quello che porto sempre con me dalla vacanza in Sardegna, perché in spiaggia non si lasciano le cicche delle sigarette e gli dico che detesto chi getta la carta per strada. Sono cose, di me, che poche persone conoscono, tipo che se vedo gente che butta il pacchetto vuoto dal finestrino della macchina suono il clacson e gesticolo, e se lo fanno per strada raccolgo e dico "ha perso questo", sfoderando il mio sorriso migliore.
Mi racconto così, quando capita, senza domande né risposte, solo affermazioni, perché c'è tempo per le domande, prima o dopo arriveranno, ma le richieste come impatto iniziale, non sono mai una mossa furba, un po' come chiedere una sigaretta o da accendere come scusa per avvicinare una persona. È comunque una richiesta, si parte con il piede sbagliato. Chi vuole conoscere una persona si offre, non toglie, chi vuole conoscere una persona non trae conclusioni, perché si perde il gusto di scoprirsi. Andreste mai nudi al ristorante "perché tanto dopo forse si fa sesso"?
Le apparenze sono abiti stagionali che cambiano in base all'interlocutore, vero che l'impatto è un biglietto da visita importante, ma il lupo di cappuccetto rosso travestito da nonna non si può vedere, era da uccidere subito quell'apparenza, già nella testa dell'autore, perché guardando le immagini, io me lo domandavo sempre come mai Cappuccetto non vedesse che era il lupo quella bestia nel letto con la cuffia in testa, e non bastava la camicia da notte per renderlo nonna. Apparenze da salvare.
Intanto mangio grissini e bevo alla bottiglia, mentre impreco perché mi sono finite le briciole sul Mac, apparentemente potrei essere un camionista incazzato, ma questo potrebbe pensarlo solo una persona che non ha voglia di conoscermi e ha concluso; salvando un'apparenza che ho graziato, perché non voglio darmi, perché oggi viaggio sul camion, domani sarò sfinge e dopo ancora sarò il nome che stringerai fra le mani e sussurrerai sulla pelle.
O, almeno, sarà quello che lascerò tu creda, ma non solo.
giovedì 28 novembre 2013
Apparenze letali
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