martedì 27 gennaio 2015

Esco a fare due chiacchiere

Oggi c'è il sole.
Sei qui per parlare del tempo o c'è qualcosa che vuoi dirti?

Non sono molto per "facciamo due chiacchiere", non sono mai stata portata, è capitato, certo, e chissà quante altre due chiacchiere mi capiteranno, io che ascolto e continuo a ripetermi "Ma non dovevano essere due? Due chiacchiere sono due, non il tempo della brioche, del caffè e anche gli spiccioli del bicchiere d'acqua."
Facciamo due chiacchiere, è da tanto tempo che me lo dico, da quando non lo so, ma se messa alle strette, io che le chiacchiere non le dico, le scrivo, potrei rubare perfino il tempo dell'aperitivo, del primo e del secondo.

Oggi c'è il sole.
Lo hai già detto, non rimandare.

Due chiacchiere e sei rovinata per sempre, due chiacchiere e sei al top, due chiacchiere ed è troppo tardi per rimangiartele tutte due. Figuriamoci un fiume.
Mi piacerebbe chiedere se quando fanno "due chiacchiere" poi pretendono che gliele lavi e restituisca anche stirate, perché c'è differenza, prendi me, per esempio, io le chiacchiere le sgualcisco. Esco con le chiacchiere stropicciate e alcune anche un po' macchiate, però bevo il caffè nero. poco zucchero e caldo come il sole di oggi. Già.

Oggi c'è il sole.
E non sembra la fine di Gennaio, puoi fare di meglio.

E sfilano molte delle "due chiacchiere" che ho incontrato durante la mia vita.
Un pensiero per chi ti diceva "facciamo due chiacchiere", beviamo un caffè, e poi ti metteva la mano sul culo, uno per chi con il sorriso scemo di chi non vede l'ora, ti chiedeva di cosa volessi parlare, come se le chiacchiere dovessi portarle tu da casa, poi c'era chi voleva fare due chiacchiere e ti faceva il terzo grado. "Due chiacchiere" che finivano con un punto di domanda, più due, più due, più due. Tutte uncinate e tu che non sapevi più quale silenzio indossare.
Poi c'era quello della spiaggia e del "Ti va di fare una nuotata?" e caspita, "per nuotare non servono chiacchiere", penso, e dalla spiaggia al bagnasciuga il mare si stava ritirando per avvisare le conchiglie che quel giorno lui sarebbe andato un po' in montagna.
Il mare, il sole. Già.

Oggi c'è il sole.
Sei odiosa quando fai così. Tu che non vuoi parlare del tempo ma che speri ancora che nevichi.

Due chiacchiere.
È il concetto della bugia che non mi piace. Non più.
Ci sono cose che avvengono, senza che si debbano chiedere.
Si chiede di andare a cena fuori, si chiede se per cortesia ti prestano l'auto perché la tua è dal meccanico, si chiede se ha sete o fame, anche se sulla seconda non affiderei l'esito della serata, ma non si chiede se si vogliono fare due chiacchiere se poi non era vero nulla e le due chiacchiere sono venti domande, se le due chiacchiere sono un monologo o una televendita, se le due chiacchiere sono un'invasione di campo, se le due chiacchiere non sono mai avvenute e fuori c'era il sole, parecchie ore prima.

Fuori c'era il sole.
Stai parlando troppo.

Ci sono domande che sono di un egoismo assurdo.
Ci sono risposte sibilline e treni sulla faccia.
Ci sono chiusure che non puoi scardinare, non scambiamo le ferite con le feritoie, non scambiamo il parlare poco con il menefreghismo o snobismo.
Se vuoi parlare del tempo fallo, ma non chiedermi due chiacchiere, se vuoi sapere con chi trombo, quanto o se sono disponibile, chiedimelo, a tuo rischio, ma smettila ora, non mascherare la curiosità morbosa con due chiacchiere. Mi stai violentando i timpani senza precauzioni e partorirò incubi, ogni volta che qualcuno mi chiederà due fottutissime chiacchiere.

Fuori c'era il sole e poi ho visto arrivare la sera nella stanza vuota.
Parti dal fondo perché non ricordi da dove è iniziata.

Fatico a parlare, fatico a gridare, fatico a spiegare, fatico a giustificare, fatico. E non voglio.
Amo scappare e scrivere, qui. Dove tutto è blu perché lo decido io. Senza capo né coda, come se mi stessi ascoltando, avrei qualcosa da dirmi, come le cose che piacciono a me. Una di quelle cose che non ti fanno pensare al sole, come se tutto questo avesse un senso, come se chi vive guardando avanti non collezionasse doppioni; allora mi volto e se mi leggi e non capisci non chiedermelo, lascia che sia, non fermare queste parole, perché non hanno senso, ma per me sono bellissime e meritano di uscire, con questo sole, ché fa presto ad arrivare la sera a sorprenderti sola in una stanza.

"Oggi c'è il sole, ti va di uscire a fare due chiacchiere?"
Quanto buio hai toccato in questa bugia?








domenica 25 gennaio 2015

Eva Vs Eva

Dei Sabati passati ricordo soprattutto la lunga processione di abiti sul letto alla ricerca del risultato perfetto, e sorrido, pensando a quanto poco tempo impieghi oggi per scegliere un vestito, mentre altrove il getto dell'acqua calda scivolava portando con sé la sfumatura di un nero a basso costo della matita per occhi scadente presa al supermarket, facendo la cresta agli affettati, pane e formaggio commissionati dalla mamma.
La sicurezza mostrata a sedici anni e la sfacciataggine di quel fumo di sigaretta soffiato con la rabbia di chi non ammetteva che il mondo degli adulti potesse scuotere la testa vedendoti truccata così, ma che ignorava la lunga catena che ti avrebbe legata al vizio.

Sedici anni ostentati e sudati così tanto da dichiararne diciotto, perché così le ragazze adulte non mi avrebbero più guardata come quella più piccola.
Poi il cambiamento, arrivano i diciotto, quelli veri, e resti sola. Tua sorella con le sue amiche hanno smesso di farti rincorrere la maturità, perché a soli ventun anni lei diventa mamma e tu sei una zia e ti senti grande per altri motivi, ti senti grande perché mentre le tue coetanee fumano e dicono le parolacce ad alta voce nella piazza delle panchine, tu cambi il pannolone a tua nipote e le fai le smorfie mentre la impomati e la guardi attraverso una nuvola di talco, e lei ti riconosce e si diverte un mondo con te. A diciotto anni giochi a fare la mamma e tua sorella non ha più tempo per farti sentire piccolina e rompiballe, siete diventate complici, anche se lei è andata ad abitare lontano.
In un paio di anni ti rimetti nel giro e trovi le persone sempre uguali, mentre tu sei cambiata, e ti trucchi il giusto, fumi una sigaretta, due o tre, ma non sfidi nessuno e gli adulti che passano ti guardano e sorridono, ricambi, e resti sempre un po' in disparte, ammirando le ragazze più grandi di te, ma solo quelle che hanno una certa eleganza, che non sapresti incanalare in qualcosa di banale come un abito o un make-up, ma che avverti. E passano altri due anni, ne hai ventidue, pensi alle tue nipoti, che sono diventate due, pensi all'uomo che si verificherà quello sbagliato per eccellenza, ma ancora non lo sai e arrossisci solo per lui, pensi che le tue coetanee siano stupide a mettersi in competizione con donne che hanno il doppio dei tuoi anni. Poi pensi che donne con il doppio dei tuoi anni siano pazze a mettersi in competizione con quelle della tua età. Tutto questo a vent'anni, venticinque, oggi. Forse per questo non sento quella competizione, la vedo e mi sposto, evitandola come fosse una buca sulla strada.
Ho un mio pensiero, in merito, la ragione sta nel mezzo e, a sentire una ventenne "non c'è storia se mi confronti con una cinquantenne" e se lo chiedi alla cinquantenne ti dirà la stessa cosa al contrario.
Ora, chi me l'ha fatta fare a incamminarmi in questo sentiero di spine? Potrei prendere il bivio e raccontarvi della volta in cui il fidanzato della mia amica mi ha toccato  il sedere e io non l'ho detto alla mia amica, l'ho detto alla madre della mia amica, una suocera che, oltre a mirare al matrimonio della figlia con un altro, odiava anche i parenti del malcapitato, ma ok, devo percorrere la strada iniziata e non se ne fa niente, procedo.

Prendo le distanze da molte cose, prendo le distanze anche dalle persone, da donne, uomini, bambini, cani o gatti. Prendo la distanza non dal genere, ma dal singolo, se non mi piace. Prendo le distanze dagli atteggiamenti, una donna che dentro il tacco 12 ha le unghie sporche e caprine la percepisci, anche se beve champagne; una ragazzina che bacia il poster di Scamarcio e ti dice di riconoscere l'intenzione di un uomo dal suo sguardo, anche.
Quello che sappiamo, donne, uomini, ragazze, bambini, animali e vegetali, lo abbiamo imparato sul campo. I libri hanno magnificato l'immaginazione, ma puoi raccontare di quanto fosse fantastica la tua prima volta, arricchendola di particolari e cura, puoi raccontare di quanto lui fosse deciso e dolce, tenero, sicuro eccetera, puoi, ma non devi.
Perché la descrizione, orale o scritta, è solo fuffa, se non la filtra la tua pellaccia.
E poi, sono della scuola "chi me la fa fare a raccontare queste cose?" ma io sono quella strana del "ma chi siete e cosa volete da me".

Si scrive solidarietà femminile ma si legge competizione, raramente una donna ammetterà questo, tranne chi evita le altre per non essere tirata in ballo in giochi di false lusinghe e adulazioni da manuale.
La donna matura, come l'uomo, tendenzialmente, per la mia modesta opinione, dovrebbe evitare di sbandierare il suo sapere. Quella più giovane dovrebbe prendersi cura anche della forma di un contenuto, oltre che del proprio fondoschiena.
Generalizzo, perché in questo post non mi schiero da alcuna parte, sarò neutrale, e come riesco a essere neutrale io neanche la Svizzera ai tempi d'oro. Diciamo che sono schifata da entrambi gli atteggiamenti. Diciamo che trovo ridicole le ragazzine che sfilano sculettando davanti al maschio alfa cercando di ridicolizzare una donna che magari, come età, argomenti e gusto personale, è più vicina all'ignaro conteso, e trovo ridicola la 40, 50, 60enne che, in preda a un'infatuazione o interesse più o meno profondi, inizia a comportarsi come una ventenne, a partire dal modo di apparire a quello di parlare.
Le lotte nel fango, da che mondo e mondo, sono sempre state pane per i denti degli uomini affamati di carne.
La dinamica è presto detta, due donne litigano, l'uomo si schiera con quella, apparentemente , più avvenente delle due e, attenzione, avere vent'anni non vuole dire essere più belle o intelligenti. Come averne 35/40/50 non vuole dire avere esperienza e ragione su tutto. E no, neanche sotto le coperte, care signore (a meno che.).
Ma torniamo alla lotta nel fango, l'uomo decide di puntare tutto sulla ventenne, perché se è vero che le donne dopo una certa età soffrono di cose terribili come la sindrome premenopausa  che, a quanto pare,  le fa ridere e piangere o magari, cercare un proprio spazio nella società senza l'alone viola della pubblicità progresso di una volta, l'uomo, dopo una certa età deve tenere alta la bandiera. In tutti i sensi.
E bandiera se è difficile per lui!
L'uomo ha la maledizione di poter procreare all'ennesima potenza, la donna, arrivata a un certo punto, può anche riposarsi e gustarsi il percorso, che abbia già dato o meno e, se mediamente intelligente e circondata da persone intelligenti, direi che per una donna non dovrebbe essere un dramma, arrivare alla menopausa. È natura, lo sappiamo a tutte le età, dal primo ciclo, anche se sembra lontano quel giorno, una cosa è certa: se non moriamo giovani e fertili, tutte noi andremo in menopausa. Sìssignori, ah, come dite? Non lo sapevate? Prego? Pensate che quella ventenne con il sedere sodo come il marmo sia una macchina da sesso perché lecca il gelato guardandovi negli occhi e lo faccia perché ha riconosciuto in voi il maschio? Quella, nove su dieci, ha preso di mira la vostra donna e vuole fargliela pagare, oppure, sta facendo ingelosire un altro, oppure le interessate, ma arriverà uno più giovane e simpatico di voi e se la porterà via. O magari no.
Ebbene sì, signori miei, ebbene sì, signore care, succederà anche a tutte noi di andare in pensione e, con un po' di intelligenza e di amor proprio, lo faremo con stile. Perché è quello che non si dovrebbe mai riporre o dimenticare, a qualsiasi a età.
Una donna che rinnega questo, ha perso.
A cinquant'anni una donna non deve mettersi in competizione con una di 20/30 anni meno, non perché migliore o peggiore, ma perché è una lotta impari. È come chiedere a chi piacciono i primi se migliori le lasagne o i tortellini, ci saranno risposte di tutti i tipi, ma restano due pietanze diverse ed entrambe meravigliose da assaporare, con il giusto appetito.
Una donna di quarant'anni che compete con una di venticinque è una donna che non ce l'ha fatta. Una donna di venticinque che compete con una di quaranta è una donna che non ce la farà.
Un uomo che si schiera in una competizione del genere è un uomo che ha molta fame. E, si sa, in tempi di astinenza va bene tutto.
Sono un po' atipica come donna, non migliore di altre, quello no, però m'imbarazzo e mi dispiaccio quando vedo che, di fronte a una lotta tra due che fanno pipì sedute, nessuno si accorga del gruppo di omuncoli sbavanti e, in nome dell'appartenenza al sesso femminile, si debba tenere alto l'onore a colpi di "troia, cesso, vecchia, bambina" mentre gli omuncoli sperano nel turgore di un capezzolo sotto la maglietta e non vadano oltre la pelle lucida imbrattata dagli insulti, più che dalla melma.
Penso che un uomo sappia riconoscere una donna, e viceversa, senza bisogno di usare le maiuscole, io riconosco entrambi. Sono quelli che, di fronte a due o più persone che si strappano i capelli, si scambiano uno sguardo complice e si allontanano, senza parlare, con la fretta di guardare altrove, con la pelle pulita.
A qualsiasi età.
Solidarietà femminile, fino a quando un uomo non volge lo sguardo verso una più grande/giovane/simpatica/qualsiasicosa più di voi (e sì, scusate se qui prendo le distanze). Allora si inizia con l'adulazione.
E quando una donna fa un complimento a un'altra donna, se non ci sono secondi fini, è quanto di più leale possa esserci ma, se una donna teme che una più giovane/vecchia di lei possa scalzare il piedistallo, prima la adulerà fino a farla lacrimare di gioia, poi la seppellirà viva, sotto il cumulo di risate che si ergeranno intorno a lei.
Perché c'è una cosa che non si sa a vent'anni e si dimentica probabilmente 30/40/50/60:
Essere donne è la cosa più bella del mondo, e io lo so, da quando ero la Principessa di papà. Poi mi sono smarrita per un paio di anni, ho giocato a fare la zia e mi sono ritrovata. Forse un po' più seria di quanto avrei voluto, ma a testa alta. Con la riservatezza che mi contraddistingue, la stessa riservatezza che riconosco e apprezzo negli altri.
Le persone, uomini o donne, giovani o maturi, non hanno bisogno di quantificare e sbandierare le battaglie, per vincere la guerra. Posto che valga la pena combattere.
L'alternativa, Signore, potrebbe essere andare a bere una birra insieme o, se la fantascienza non fa per voi, mirare alto e altrove; lasciando chi urlava per incitare la lotta lì, deluso.
Con la bandiera a mezz'asta.


martedì 20 gennaio 2015

Disegni divini

Non so quando sia stata la prima volta o forse sì, ma è un altro caso, anche se il posto in cui mi trovo è lo stesso.
Cambia che sono più stanca, e percorrere questo strano quartiere fatto di silenzi potrebbe farmi prendere pause più lunghe.
Cambia che sono grande, e le donne della mia età hanno le palle, i figli e sorridono sempre. L'ho letto da qualche parte su twitter e mi domando quando, esattamente, io sia stata castrata, perché non ho nessuna di queste caratteristiche.
Ed ecco che mi trovo in questo posto, lo stesso di qualche anno fa, lo stesso in cui a volte incontro qualcuno che mi sembra di conoscere, ci scambio due battute e poi riprendo a correre in silenzio, per andare in qualche dove o scappare da dove non so.
La gente vuole.
Per una conferma a questo non serve alcun master, né la tv o le riviste.
La gente vuole e tu non puoi farci nulla, ma sarai al top finché darai.

Puoi dimenticare o puoi far finta che sia giusto in quanto ciclo della vita, qualcosa tipo prendere e prendere o, se si tratta di te, dare e dare, e sorridere, sperando d'invecchiare sorridente ma, quando una sferzata di vento improvviso sbatte la porta e i vetri della finestra esplodono per tutta la stanza, non fingi più.
Salti.
Salti e ti tagli i piedi.

Nel posto in cui mi trovo le giornate sono formate da tante notti tutte uguali.
A volte volano, ti ritrovi a svegliare casa e città. Insospettabile, nel tuo sorriso spento sotto lo sguardo spaventato e attento di chi aspetta quella sferzata di vento, per non saltare troppo, per tagliarsi un po' di meno la pelle già ferita.

Oggi non piove, l'allerta era una bugia che dovevano dire, un po' come "la morte è una cosa naturale", vero, ma fanculo e grazie.
Io non sono pronta e ho paura.
Nessuno è pronto ad accettare la propria morte o quella di una persona cara, forse il vecchietto centenario che spera di andare dalla sua amata persa tanti anni fa, e dico forse.
Non racconto a cosa penso quando non dormo, perché mi prenderebbero  per pazza o, peggio, per stupida "ma cosa vai a pensare, sciocca, tu sei giovane e anche tua sorella, tutte le persone che ami…" e mi domando come possano non vedere che la gente muore, e lo fa senza distinzione di sesso o di età.

Non posso dire questo a mia mamma o a mia sorella, loro sono state rapite da Dio, lo stesso Dio che gioca alla slot con la vita di tutti. E mi sento ripetere "Dio volendo, grazie a Dio, Dio non voglia, Dio mi aiuta" e guardo gli occhi segnati di mia madre, il sorriso spento di chi ha paura d'inveire per il suo dolore. Di chi ha paura di tutto, forse anche di Dio, ma non lo ammetterebbe mai.
Una rassegnata accettazione e l'elaborazione distorta di un lutto così inaspettato da far imprecare anche un Santo.
Poi penso a chi non c'è più, così giovane e così lucido, e ci penso di notte quando non dormo, penso che lo zio capirebbe se gli parlassi delle mie paure e della mia rabbia. Come aveva capito quando gli avevo parlato di tutte le altre cose.
Penso a chi si rivolge a Dio quando non ha più alcuna speranza e si addormenta così. Sperando, forse.
Penso a mamma e sorella che pregavano.
Prima per la guarigione, poi per un po' di tempo in più e, alla fine, per una cosa rapida e sono state esaudite,
grazie a Dio.
E io che di notte mi aggrappo a un mal di pancia, penso a tutto questo e molto di più.
Penso che potrei avere la stessa cosa, penso che Dio potrebbe decidere di farmela pagare perché non sono dolce e docile come loro, perché non prego, perché alzo le spalle, ma sì, mi ha rubato mamma e sorella, che se le tenga, purché non le chiami troppo presto, purché adesso sia soddisfatto per un bel po'.
E mi sono ritrovata qui, arrivata da non so dove, ma era solo una belva che dormiva e ho seguito il suo russare.
Dio che gioca a isolarti da tutti,  a suo piacimento, ma ti diranno che era un suo disegno. E dovrei ringraziare e correre a comprare una cornice.
Dio sa che lo tengo d'occhio
e sa anche che sono quella che si guarda intorno e si accorge dello schifo, mentre gli altri sono indaffarati a pregare e cercare la serenità, dentro, fuori, intorno. Solo il meglio, in nome di quel Dio che ne ha così tanti da far girare la testa. Loro pregano e fingono di non vedere, loro pregano e soffrono, pregano e ringraziano per la loro sofferenza. Io le guardo e soffro, le guardo e darei loro fuoco, solo un po', per vedere se ringrazierebbero anche per questo.
La gente vuole.
La tua attenzione, la tua sensibilità, affinché diventi la loro sensibilità, quanti "sono sensibile" ho coccolato calpestando la mia buona fede, e ti sembra di toccare la sensibilità degli altri, la maneggi con cura e non pensi che loro, con la tua sensibilità, quella che tu non hai mai sbandierato, ma che loro giurano di aver visto e sentito, possono costruirti la più impenetrabile delle prigioni. E poi ti accorgi che quello che per te può essere un malinteso, per loro era già condanna e, alla faccia delle persone sensibili, sorridi e te ne vai per la tua strada, arrivando fino a qui, un posto diverso per ogni persona, anche per chi vuole senza dare. Anche per chi prega e se ne fotte.
E sto bene qui, mi sento io.
Senza chi ti tiene sotto scacco con ricatti morali, senza chi ti prosciuga anche l'anima, senza darti un bicchier d'acqua per idratarti il cuore.
Qui.
Senza domande, senza retorica, piena di sarcasmo e libera di vomitarmelo addosso. Nel mio angolo, dove se vuoi entrare devi bussare, e non è detto che io apra.
"Lascia che sentano il tuo profumo", mi diceva la nonna "Non indovineranno mai tutti gli ingredienti, ma li inventeranno."
Cara dolce nonna, che profumava di saggezza e di non so quali altri bei momenti.
Qui.
Dove se esistesse una regola, quella, l'avrei dettata io.
Qui.
Senza preghiere né miracoli.
Qui.
Guarda mamma, senza cornice.






giovedì 15 gennaio 2015

Alba

Mi sono svegliata e l'ho trovato lì, sul davanzale della finestra a guardarmi. Occhi negli occhi.
Umido e ventoso.
E io che non respiravo, per non farlo volare via.
Adagiato sul calendario, ancora prima del caffè.
Raccoglitore di ogni parola risparmiata alla mia voce, pigra.
Penso e scrivo, scrivo e penso, non necessariamente entrambe le cose nello stesso momento.
E copre i rami spogliati,  tira la giacca del gatto randagio.
Pesce, in una rete fitta di pensieri e identikit rosicchiati dal livore.
Ombra nel bosco dei ricordi pennellati di marrone, terra bruciata e oro.
Di nonsense e di camicie di forza, di sorrisi celati e di chissenefrega, quando tu, il senso, lo conosci.
Di mani piene e tasche vuote, di gentilezza e di voglia di urlare a squarciagola, o di scrivere maiuscolo. Giovane.
Così acerbo e con tante premesse, che se sbaglio la vocale son guai.
Sbadiglio appena accennato, vagito di pioggia e di piedi freddi, di caffè e di silenzio così carico da aver paura di sparare, maledette vocali.
Colore infastidito da raggi che calcolano e non illuminano.
Silenzioso, come la stanza nella penombra, ma guardo fuori ed è lì.
Non più sul calendario.
È giorno, nuovo.