Non so quando sia stata la prima volta o forse sì, ma è un altro caso, anche se il posto in cui mi trovo è lo stesso.
Cambia che sono più stanca, e percorrere questo strano quartiere fatto di silenzi potrebbe farmi prendere pause più lunghe.
Cambia che sono grande, e le donne della mia età hanno le palle, i figli e sorridono sempre. L'ho letto da qualche parte su twitter e mi domando quando, esattamente, io sia stata castrata, perché non ho nessuna di queste caratteristiche.
Ed ecco che mi trovo in questo posto, lo stesso di qualche anno fa, lo stesso in cui a volte incontro qualcuno che mi sembra di conoscere, ci scambio due battute e poi riprendo a correre in silenzio, per andare in qualche dove o scappare da dove non so.
La gente vuole.
Per una conferma a questo non serve alcun master, né la tv o le riviste.
La gente vuole e tu non puoi farci nulla, ma sarai al top finché darai.
Puoi dimenticare o puoi far finta che sia giusto in quanto ciclo della vita, qualcosa tipo prendere e prendere o, se si tratta di te, dare e dare, e sorridere, sperando d'invecchiare sorridente ma, quando una sferzata di vento improvviso sbatte la porta e i vetri della finestra esplodono per tutta la stanza, non fingi più.
Salti.
Salti e ti tagli i piedi.
Nel posto in cui mi trovo le giornate sono formate da tante notti tutte uguali.
A volte volano, ti ritrovi a svegliare casa e città. Insospettabile, nel tuo sorriso spento sotto lo sguardo spaventato e attento di chi aspetta quella sferzata di vento, per non saltare troppo, per tagliarsi un po' di meno la pelle già ferita.
Oggi non piove, l'allerta era una bugia che dovevano dire, un po' come "la morte è una cosa naturale", vero, ma fanculo e grazie.
Io non sono pronta e ho paura.
Nessuno è pronto ad accettare la propria morte o quella di una persona cara, forse il vecchietto centenario che spera di andare dalla sua amata persa tanti anni fa, e dico forse.
Non racconto a cosa penso quando non dormo, perché mi prenderebbero per pazza o, peggio, per stupida "ma cosa vai a pensare, sciocca, tu sei giovane e anche tua sorella, tutte le persone che ami…" e mi domando come possano non vedere che la gente muore, e lo fa senza distinzione di sesso o di età.
Non posso dire questo a mia mamma o a mia sorella, loro sono state rapite da Dio, lo stesso Dio che gioca alla slot con la vita di tutti. E mi sento ripetere "Dio volendo, grazie a Dio, Dio non voglia, Dio mi aiuta" e guardo gli occhi segnati di mia madre, il sorriso spento di chi ha paura d'inveire per il suo dolore. Di chi ha paura di tutto, forse anche di Dio, ma non lo ammetterebbe mai.
Una rassegnata accettazione e l'elaborazione distorta di un lutto così inaspettato da far imprecare anche un Santo.
Poi penso a chi non c'è più, così giovane e così lucido, e ci penso di notte quando non dormo, penso che lo zio capirebbe se gli parlassi delle mie paure e della mia rabbia. Come aveva capito quando gli avevo parlato di tutte le altre cose.
Penso a chi si rivolge a Dio quando non ha più alcuna speranza e si addormenta così. Sperando, forse.
Penso a mamma e sorella che pregavano.
Prima per la guarigione, poi per un po' di tempo in più e, alla fine, per una cosa rapida e sono state esaudite,
grazie a Dio.
E io che di notte mi aggrappo a un mal di pancia, penso a tutto questo e molto di più.
Penso che potrei avere la stessa cosa, penso che Dio potrebbe decidere di farmela pagare perché non sono dolce e docile come loro, perché non prego, perché alzo le spalle, ma sì, mi ha rubato mamma e sorella, che se le tenga, purché non le chiami troppo presto, purché adesso sia soddisfatto per un bel po'.
E mi sono ritrovata qui, arrivata da non so dove, ma era solo una belva che dormiva e ho seguito il suo russare.
Dio che gioca a isolarti da tutti, a suo piacimento, ma ti diranno che era un suo disegno. E dovrei ringraziare e correre a comprare una cornice.
Dio sa che lo tengo d'occhio
e sa anche che sono quella che si guarda intorno e si accorge dello schifo, mentre gli altri sono indaffarati a pregare e cercare la serenità, dentro, fuori, intorno. Solo il meglio, in nome di quel Dio che ne ha così tanti da far girare la testa. Loro pregano e fingono di non vedere, loro pregano e soffrono, pregano e ringraziano per la loro sofferenza. Io le guardo e soffro, le guardo e darei loro fuoco, solo un po', per vedere se ringrazierebbero anche per questo.
La gente vuole.
La tua attenzione, la tua sensibilità, affinché diventi la loro sensibilità, quanti "sono sensibile" ho coccolato calpestando la mia buona fede, e ti sembra di toccare la sensibilità degli altri, la maneggi con cura e non pensi che loro, con la tua sensibilità, quella che tu non hai mai sbandierato, ma che loro giurano di aver visto e sentito, possono costruirti la più impenetrabile delle prigioni. E poi ti accorgi che quello che per te può essere un malinteso, per loro era già condanna e, alla faccia delle persone sensibili, sorridi e te ne vai per la tua strada, arrivando fino a qui, un posto diverso per ogni persona, anche per chi vuole senza dare. Anche per chi prega e se ne fotte.
E sto bene qui, mi sento io.
Senza chi ti tiene sotto scacco con ricatti morali, senza chi ti prosciuga anche l'anima, senza darti un bicchier d'acqua per idratarti il cuore.
Qui.
Senza domande, senza retorica, piena di sarcasmo e libera di vomitarmelo addosso. Nel mio angolo, dove se vuoi entrare devi bussare, e non è detto che io apra.
"Lascia che sentano il tuo profumo", mi diceva la nonna "Non indovineranno mai tutti gli ingredienti, ma li inventeranno."
Cara dolce nonna, che profumava di saggezza e di non so quali altri bei momenti.
Qui.
Dove se esistesse una regola, quella, l'avrei dettata io.
Qui.
Senza preghiere né miracoli.
Qui.
Guarda mamma, senza cornice.
martedì 20 gennaio 2015
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