martedì 15 ottobre 2013

Rido

Cercare di ridere, senza averne voglia, è la cosa che mi riesce peggio. È capitato, per carità, anche più di una volta, e mi ha fatto male vedere che ci sono cascati tutti, e se ci hanno creduto non mi guardavano negli occhi. La risata finta credo sia più triste dell'orgasmo simulato, o se la giocano alla grande.
Mi sono anche esercitata, a ridere intendo; ho fatto due prove, come quando si fanno le smorfie allo specchio, e il risultato è stato pessimo, del resto, sono dell'idea che l'orgasmo non si debba simulare, figuriamoci una risata.
Questa cosa non piace a chi si aspetta che tu sia convincente, ma quando si è concentrati a trattenere altro, come tutta la tua attenzione su ciò che ti circonda, la risata è l'ultimo dei tuoi pensieri.
"Imparassero a fare le battute", penso, e respiro contando mentalmente.

Fumo una sigaretta e osservo la nuvola velenosa che sale, cerco di trovare una forma, come si fa con le le nubi in cielo, fossi un po' più sveglia, probabilmente ci farei sopra una poesia, ma non so scrivere poesie, sono prosaica, romantica quanto basta.
Ho il romanticismo maledetto, quello che ti colpisce in mezzo agli occhi e, non contento, torna indietro come un boomerang, al mittente.
Riesco a contemplare i tramonti da sola, se sono con qualcuno mi annoio a guardare i tramonti, perché sono gelosa delle mie bellezze e se sono con il mio uomo voglio fare l'amore, il tramonto non è romantico se sono con lui, le sue mani tra i miei capelli sono romantiche o i miei morsi sulle sue labbra, non il sole che dà la buonanotte.
Però sono romantica a modo mio, non come pensano gli altri.
È che la gente è simpaticamente sciocca a volte; se dici di essere romantica ti percula a vita, perché loro guardano i tramonti quando hanno voglia di fare l'amore, oppure per arrivare a farlo, io invece i tramonti me li vado a guardare dopo, e ci vado da sola perché in quel momento devo rivivere tutto e devo farlo da sola per essere sicura di non dimenticare qualcosa, per non essere distratta dall'odore, dal calore di un'altra persona che non mi lascerebbe augurare la buonanotte al sole mandandolo a dormire con i miei ricordi incastrati tra i suoi raggi stanchi.
Rido del tempo che passa, di quei momenti che sembrano lontani anni luce, eppure sembrava ieri.
Rido di me e con me.
Una risata vera, non un orgasmo simulato.

Vago per trovare un senso, tipo che la devo smettere di scrivere di notte, sono troppe le cose che si accavallano, e poi ho quel maledetto vizio di non finire un discorso, ma lo faccio per confondere la confusione; se raggirata, la confusione, si mette nell'ordine delle idee.

Vorrei che qualcuno mi raccontasse una storia; quando ero piccola e avevo sonno andavo in braccio a mia madre o alla nonna, e mi addormentavo ascoltando il suono della loro voce dal petto. Parlavano con gli ospiti, non capivo quello che dicevano, però raccontavano qualcosa, e mi lasciavo cullare, navigavo alla ricerca dei miei sogni e mi svegliavo nel mio lettino.
Non ho più trovato qualcuno che sapesse raccontare le storie così bene, però non chiedo loro d'inventarsele, anche per questo non fingo di ridere.

Una volta una persona mi ha detto che la vita ha rubato il mio sorriso, uno di quegli psicologi che fanno finta di conoscerti per arrivare sotto i tuoi vestiti. Ho simulato un sorriso e ho risposto che le cose non sono proprio andate così e che, in realtà, sono stata io a rubare il  sorriso alla vita. Credo non avesse capito, però mi ha risposto che sono romantica.
Fortunatamente si era fatto tardi "domani devo alzarmi presto, ci sentiamo", quelle cose così, e non ricordo se l'indomani fosse domenica, ma da una romantica non si sospettano bugie o frasi di circostanza. Da una romantica che non ride, ancora meno,

Altre persone mi hanno detto che sono troppo seria, i ciechi. Spesso rido dentro, solo un cieco non lo noterebbe, perché il cieco non può vedere i miei occhi.
Le risate sono così importanti, eppure si buttano in un'immensa cesta di giochi, anziché al riparo sulla mensola, le esternano con timbri più o meno squillanti, la risata del vecchio fumatore è quasi un rantolo, liquida e vischiosa, poi c'è quella della donna sexy, che ha diverse sfumature, dipende dall'età e dal numero di uomini a corte, si va da vocale isterica a quella forte e chiara. Mai risata grassa. Le donne sexy (ok, le chiamo gattemorte ma questo è un segreto trasparente) dicono di essere grasse mentre contano le costole e si soffermano su quella fregata all'uomo, loro hanno uno spazio in più nel costato (anche se spesso ho dubitato sul taglio orizzontale delle loro grazie nascoste) rispetto le altre donne, e ci sono uomini che hanno una costola in meno rispetto gli altri. Solo loro possono dire di essere grasse, per essere smentite, ma non fatelo mai voi. Io l'ho fatto una volta, lei era perfetta, continuava a parlare di rotolini di ciccia, e quella mattina i miei jeans mordevano i miei fianchi, ero sottovuoto e questa scultura di fronte a me continuava a parlare di ciccia. Non si calpestano le convinzioni degli altri, quindi le ho dato ragione. Posso assicurarvi che sento ancora oggi, dopo dieci anni, lo spillone che mi trafigge in tutto il corpo.
Probabilmente ridono asciutte per quello.
Poi ci sono io, che m'illumino per un attimo e concentro tutto negli occhi, ma solo per pochi, solo se c'è qualcosa da ridere, perché nella cesta in mezzo alla confusione le cose belle si rovinano.
Amo chi ride e lo fa per un motivo, dal cuore, dalla pancia e dallo sguardo; non perché glielo dicono gli altri.

"E fattela una risata!"
Esistono persone che non ti conoscono e ti chiamano tesoro, cucciola, bambolina. C'è poco da ridere.
"E fattela una risata!"
Vedo il marchio di fabbrica in fronte alla gente.
"E fattela una risata!"
Le persone credono di conoscerti perché sanno che non bevi il caffè macchiato al bar.
"E fattela una risata!"
Ho conosciuto uomini che per entrare nelle mie mutande fingevano di voler entrare nella mia testa.
"E fattela una risata!"
Io non rido, perché per ogni persona che finge, dieci stupidi s'improvvisano geni.

La cosa che temo di più sono i "Che cos'hai?" quando in realtà non ci deve per forza essere qualcosa che non vada se non ti piace una barzelletta sentita già cinque volte dalla stessa persona; e mentre tutti ridono, mi domando se soffrano di Alzheimer loro o se sia proprio stronza io, poi ricordo che siamo nell'era della gentilezza di facciata e penso che al mondo ci sarà un'altra persona come me che ascolterà per l'ennesima volta la solita barzelletta dal solito collega, e dovrà ridere, dovrà fingere un orgasmo che Sally se lo scorda, e questo mi aiuta a non fingere. Non rido, lo faccio per chi, come me, non si arrende e lo faccio per chi si rende ridicolo, gli stronzi sono gli altri  che ridono di te e non ti fanno capire che è ora di cambiare repertorio, non io; io sono quella che non ride, sono la romantica dei tramonti, mentre conto mentalmente le persone che conoscono il mio romanticismo, quello vero, quello che non ha parole ma brividi sulla pelle, occhi negli occhi e frasi spezzate a metà. Quello che lo sguardo cattura e trattiene, che mostri come un lettore blu ray, solo a chi entra, perché non basta reggerlo, si deve anche varcare la soglia di uno sguardo, e poi nuotare, senza toccare nulla. Allora sono lì i tramonti, non quelli delle 18.30. Sono romantica, ma non è questo il punto, il punto è che lo sono talmente tanto da mostrare tramonti colorati dei miei stralci di vita, all'occorrenza.
Ma la gente non lo sa, la gente vuole vedere i denti, vuole sentir nitrire una donna, e alla fine penso che fare la bambolina non sia la mia aspirazione. Sarei poco credibile.
Che poi le persone a me non risparmiano nulla, quando dissi di voler licenziare un mio dipendente a estrazione perché mi serviva l' ipad, che si dimenticano di usare per ordini e schemi, nessuno ha riso, eppure anche io ho il mio senso dell'umorismo, composto, senza strafare, apparentemente timido, a volte un po' nero, ma c'è.
Rido con le persone, non amo ridere "di", forse è per questo che non mi diverto nei gruppi che passano serate tenendosi il fianco per gli spasmi dovuti a un eccesso di ilarità, a raccontare le disavventure di qualcuno che non c'è o, se c'è, a tirarlo in mezzo per trasformarlo nel buffone di turno, e quando accade sono triste, per chi si diverte e per chi finge di farlo per paura di essere preso di mira. La risata dovrebbe essere ossigeno, complicità, divertimento puro, no bullismo; ma abbiamo davvero bisogno di felicità made in china per stare bene?

"Ma tu, non ridi mai?"
Non credo nel mai e neppure nel sempre. Rido ancora come quando ero bambina, ma i bambini non ridono quando non capiscono le cose o quando non sono sicuri ci sia qualcosa di divertente. La loro risata è la cosa più pura che si possa vedere e sentire. Un suono tondo, aperto, sussurrato e prolungato da quell'urletto che fa loro prendere fiato, in attesa di poter di nuovo liberare quell'emozione nuova, e noi che li guardiamo non possiamo fare altro che improvvisarci clown per loro, e ci impegniamo con le facce più buffe, per scaturire una risata, per farli stare bene, e non è detto che il risultato sia sempre positivo, perché è la spontaneità che comanda, l'inaspettato. Ci sono anche bambini che di fronte a un'emozione forte, come la gioia per un regalo inaspettato, scoppiano a piangere, perché non sanno gestire le emozioni, e adulti che fanno la stessa cosa, a me è successo di emozionarmi alle lacrime in tre situazioni che non dimenticherò mai. E non mi è stato chiesto "Perché non ridi?" e sono stati momenti meravigliosi.
Due di questi li custodisco nel cuore da quando ero piccola.
Ho pianto dalla gioia, lacrime silenziose e tremore trattenuto a stento, aspettavo un abbraccio che è arrivato, caldo e sicuro, mentre tutti intorno a me dicevano cose confuse "Ma che carina, guardala, piange, ma è un tesoro." e io non stavo piangendo. Avevo pianto quando mi avevano bruciato il formicaio che nutrivo con i semi di pomodoro, avevo pianto quando il cane della mia vicina aveva mangiato la mia lumaca, ma quel giorno no, non piangevo, quel giorno io ero felice, e con gli occhi pieni di lacrime cercavo qualcuno che capisse, e ho trovato il sorriso commosso di mia madre, le sue braccia spalancate e pronte a nascondermi, lei sapeva che ero felice, erano gli altri e non riconoscere i segnali, mentre le mie cugine ridevano scartando i doni di Babbo Natale io piangevo tra le braccia di mia madre lasciando lì la mia bicicletta rossa scoperta a metà, ed ero felice "Devi ridere sciocchina, guarda Francesca, mica sta piangendo lei". Incompresa dai presenti, ma felice.

Rido quando ricordo, rido quando vedo qualcosa, a mio parere, di buffo, rido con mio padre delle mie lacrime infantili, della mia disperazione mentre scappavo, urlando, da un ramarro "Scappa papà mi sta inseguendo scappa!" e piangevo mentre correvo, senza vedere che il lucertolone era scappato più spaventato di me. Rido delle battute stupide ma che non mi aspetto, rido quando rendo felice chi amo, magari si vede solo un sorriso, ma chi mi conosce sa che sto ridendo, basta guardare gli occhi.
Ogni sorriso è un risata timida che resta nascosta ad ammirare lo spettacolo, non sempre, ma rido; e lo faccio spesso.
In ogni caso, non quando me lo impongono gli altri, perché "ridere è una cosa seria".
"Rido, quando mi pare rido, quando mi gira rido e poi non rido più. " (Enzo Jannacci)








Nessun commento:

Posta un commento