Piove, come se non lo sapessi; guardo fuori e lo penso sottovoce "se ci pensi piano, è come se non lo sapessi" e allora piove e non lo so.
Forse è il coraggio che mi manca, oppure, è la paura che mi acceca ed è per questo che mi racconto le cose sottovoce, fino ad assopirmi, vivendo giornate che non mi appartengono, dormendo giusto il tempo di una vita di pioggia, in un luogo piovoso con gente burrascosa.
Abito in una città che non mi è mai appartenuta, eppure mi tiene in pugno, e continuo a pensare che non mi piace, lo faccio sottovoce, così nessuno si accorge che ho scoperto le brutte persone che hanno reso questa città la mia prigione.
Vivo circondata da gente che con una sola occhiata pensa di conoscere tutti, di sapere come sei, se sei intelligente, furbo o stupido, allora non puoi fare altro che arrenderti alla loro finta espressione gioviale e lasciare che i loro occhi piccoli e porcini ti frughino in tasca, mentre ti ripeti che piove, mentre lasci che la tua vita scivoli senza voltarsi indietro, mentre ti dici che hai vissuto più tempo in prigione che in libertà, anche se hai fatto molte più cose prima, quando la città era tua, quando non era qui, la città; e vivevi in un posto in cui le persone non ti conoscevano da una parola o un caffè insieme. E mi mancano le persone che pensavano sottovoce, per non sbagliare o per farlo con garbo.
Piove.
Mentre mi domando quanto ci sia ancora da sacrificare, mentre sembrano passati secoli da quando gli occhi sorridevano e nessuno ti chiedeva "come stai?" rispondendosi al posto tuo.
Non esistono brutte città, sono gli abitanti i vandali che mettono a soqquadro ogni cosa lasciando il degrado in mezzo a strade pulite e costruzioni di lusso. Falsità vista mare, vacanze da sogno, pregiudizio incluso; mentre piove, mentre butto via un pezzetto di me. Poco a poco.
Hanno ingannato il mare.
Forse sto diventando come loro, forse sono stata contagiata, e lo penso sottovoce "così non si avvera", poi mi guardo allo specchio e penso che se lo faccio sottovoce posso anche raccontarmela, ma io sono straniera qui, non ho bisogno di mentirmi, e decido che non m'importa di loro, chiudo gli occhi e gioco a essere nella mia città, una qualsiasi.
Via da queste zecche che ti divorano dentro, via dai finti sorrisi, dall'egoismo e dall'incapacità di sorridere e dire "non lo so", già, io lo dico spesso, ed è stata la mia salvezza, finché dici di non saperlo qualcuno ti sorride, mentre ti pugnala e pensa che tu sia stupida. E lo pensa così forte da sporcare la facciata della sua dignità.
Piove e non lo penso.
Piove e lo dico perché è da un po' che non mi ascolto e, mentre osservo i vetri bagnati, mi domando se qualcuno sia mai riuscito a quantificare un "troppo tardi".
sabato 21 dicembre 2013
mercoledì 18 dicembre 2013
Lo Spirito del Natale Presente
Per farla "alla Dickens" ho iniziato da QUI .
Come per il post precedente, ti avviso. Questo spazio contiene materiale altamente Natalizio. Se sei intollerante sei ancora in tempo per scappare.
Siamo a una settimana dalla vigilia, e ho già provveduto ai regali, non mi sento un'eroina per questo, diciamo che mi gusto il Natale perché sono predisposta da dentro. Ho risolto tanto tempo fa la questione stress, e l'ho fatto con la mia lista personale dei buoni, depennando tutti i regalini "per dovere". Non faccio niente se non per piacere ed è per questo che non diventa uno stress lo shopping Natalizio.
Del Natale mi piace il calore del mio Albero, anche in questo momento, sono qui, scrivo, mangio cioccolatini e lui mi appoggia la sua luce sulle gambe, oltre la spalla; sbirciando questo spazio e brillando di energia positiva.
Aspetto a giorni l'arrivo dei miei genitori; che si vada da loro o che si spostino per venire qui, una cosa è certa: in cucina ci sta mamma, anche perché il regalo più bello è sicuramente la loro presenza unita ai sapori della mia infanzia. Ci troveremo tutti a casa di mia sorella, sicuramente più spaziosa del mio piccolo nido.
Sento sempre dire "non vedo l'ora che sia il sei gennaio" e mi si stringe il cuore, perché del Natale amo tutto il periodo che lo precede, l'albero con sotto i pacchetti da consegnare, la sua luminosità riflessa su carta colorata e sorprese di ogni forma. Mentre le pubblicità si sprecano, mentre la programmazione inizia a cambiare e accantonare palinsesti catastrofici, e sappiamo quanto ci sia bisogno di un briciolo di leggerezza unita alla speranza, potendo scegliere se farmi il sangue amaro con la politica o passare un paio di ore in serenerà, non ci penso troppo e schiaccio play, ho una videoteca natalizia molto assortita.
La mia tradizione è mettere il dvd del Canto di Natale versione Muppet's la sera della vigilia, subito dopo la mezzanotte, quando si aprono i regali, solo che la confusione a casa di mia sorella e la pesantezza del cenone, fanno pensare al letto e, personalmente, immagino il mio Natale a casa mia, tutto solo e spento.
Allora rimetto il dvd in borsa, guai a dimenticarlo, e quando arrivo a casa accendo l'albero.
Natale.
Lo trovo sorridente, comprensivo e gioioso. Da lì a poche ore sarà il suo momento, allora mi guardo Festa in casa Muppet, sorseggiando un digestivo, guardando ogni tanto Natale che brilla, e lo fa anche senza i pacchetti sotto. Lascio giusto la mia immancabile scatola di Pandoro Bauli a tenergli compagnia e guardo lo schermo della tv lasciandomi accarezzare il cuore.
Non pretendo che tutti amino il Natale, alcuni avranno i loro validi motivi per detestarlo, altri ne avranno di buoni per far finta di odiarlo; a me non interessano le tendenze, se io amo Natale e lo aspetto tutto l'anno, di certo, non mi sento "sbagliata" o "fuori luogo", i problemi ci sono sempre, come le cattive persone o i crimini, poi ci sono io, che alzo le spalle, almeno per un breve periodo, e dimentico, sperando che nevichi, perché il Natale con la neve ormai lo vedo solo nelle cartoline, e mi basterebbe una giornata grigia, perché il sole non si può imbucare alla mia festa, però non si può avere tutto e mi accontento della neve nei film, del caldo della mia casa, delle luci del mio Natale e della sua voce.
"È Natale da un'ora e mezza e sei bellissimo."
"È Natale nei tuoi occhi, nel tuo cuore, e mi vedi così."
Non esistono alberi di Natale brutti, Ogni casa ne ha uno con il suo spirito, anche un vecchio melo senza foglie, se addobbato di lucine e amore, diventa bellissimo.
Questa sera guardo il mio albero, sa che sto scrivendo di lui, sa che Natale è vicino e sa che ne ho bisogno, per non dimenticare, per sperare e sentirmi piccola ancora una volta.
Fino al giorno tanto atteso, al pranzo con la tovaglia buona e la tavola imbandita a festa, fino a eliminare ogni traccia di sorpresa, anche il regalo messo al mattino, quello che la notte prima non compariva tra gli altri, quello portato da Babbo Natale, perché Babbo Natale non deluderà chi crede in lui.
Si mangerà tanto, troppo, le mandibole non si fermeranno un attimo "Prendi due mandarini che dissetano un po", sorriderò guardando mia mamma in meritato relax, l'ultima a sedersi e la prima ad alzarsi. Cercherò nel suo sguardo la luce della gioventù nascosta e ricorderemo qualche Natale passato, prima di riporre anche questo.
Festeggio il Natale con la famiglia, pochi intimi di qualità. Non lo passo più con zii e cugini, proprio perché non voglio si trasformi nella festa della falsità, vedo i miei parenti solo quando i miei vanno all'ospedale, e sono stati depennati dalla mia lista dei buoni.
Festeggio il Natale perché mi ritengo fortunata di avere ancora mamma e papà abbastanza in gamba, ma gli anni passano, e non so cosa i Natali futuri abbiano in serbo per me, spero ancora tanta gioia e gli abbracci dei miei genitori, dei miei cari. Vivo ogni Natale mentre il presente scivola e il suo spirito ha la barba grigia. Arriva e passa in fretta, e la sera non riesco più a mangiare, resto a casa mia, con Natale un po' meno luminoso, forse è stanco, sono giornate lunghe per lui, e mi accorgo che ha i rami curvi, o forse sono io a vederlo così.
"Ancora pochi giorni e potrai riposare, amico mio."
"È sempre bello restare con te."
Vivo ogni Natale futuro per avere in tutti i presenti un passato da ricordare, guardandolo sul mio amico albero, in una vecchia stella, nella nuova campana, in quel ramo interno che ha un piccolo spazio per il Natale che verrà.
E, come un vecchio burattino inerme sulla sedia, lo riporrò nella parte più alta dei miei ricordi, domandandomi quanto tempo manchi al prossimo Natale. Sempre troppo.
Come per il post precedente, ti avviso. Questo spazio contiene materiale altamente Natalizio. Se sei intollerante sei ancora in tempo per scappare.
Sono tanti i Natali del mio passato, gli aneddoti che mi hanno sempre regalato un sorriso o una gioia di quelle semplici che profumano di burro, farina, uova e zucchero; impastati, modellati e sfornati.
Ho avuto anche io il mio periodo "odio il Natale", non lo nego, fortunatamente durato poco, giusto la stagione transitoria di un'adolescente ribelle e insoddisfatta, una sciocca bamboletta che voleva uscire con gli amici e sbuffava a tavola con i parenti, ma poi sono tornata in me, poi ho ricordato.
Ho avuto anche io il mio periodo "odio il Natale", non lo nego, fortunatamente durato poco, giusto la stagione transitoria di un'adolescente ribelle e insoddisfatta, una sciocca bamboletta che voleva uscire con gli amici e sbuffava a tavola con i parenti, ma poi sono tornata in me, poi ho ricordato.
È una sera troppo vicina al 25 Dicembre, siedo a gambe incrociate sulla poltrona con il mac addosso; alla mia sinistra il cellulare che ogni tanto mi illude di non essere sola, alla mia destra c'è Lui, la mia compagnia.
Vi presento "Natale" o, meglio, una piccola parte del mio Albero.
Si chiama proprio Natale, come la festa che amo, come tutto il peso dei miei Natali passati accumulati in anni di addobbi e chiacchierate in penombra. Natale; come una persona, ma non come "un albero di Natale qualsiasi". Ogni dicembre compro un piccolo ninnolo da aggiungere, uno solo, perché è molto carico e perché il presente si vive con la novità di qualcosa che un attimo prima non sapevi, il nuovo è lo Spirito del Natale presente, e io lo osservo, lo ascolto mentre mi spiega le cose che non conosco.
Rosso e oro, luci multicolor e anima Blu.
Il mio albero si chiama Natale come il primo, comprato a buon mercato il primo anno che sono andata a vivere fuori casa, lontana da mamma e papà, lontana da quell'albero che profumava di resina e mi parlava con una voce più antica. Il mio primo albero era piccolo e carico come la slitta di Babbo Natale, poi sono passati gli anni e il materiale scadente lo aveva fatto piegare su se stesso, fino a quando ho cambiato casa e ho potuto permettermi un albero alto 180 cm. e, poco per volta, sono riuscita ad addobbarlo.
Tendenzialmente sono restia a buttare via i ricordi, ho tenuto il vecchio e piccolo albero per il balcone, fino a quando un vento esagerato lo ha dilaniato, allora ho pensato fortemente che il suo Spirito fosse passato nel nuovo acquisto e tutto è andato alla grande.
Ogni primo Dicembre, mentre il resto della popolazione aspetta l'Immacolata per gli addobbi, io passo una giornata a decorare Natale. Molte cose sono vecchie, arrivano dagli anni '90 e le distribuisco per casa, anche quella vecchia palla di neve che ormai al suo interno ha un babbo natale avvolto in una massa di gelatina, ma non posso e non voglio buttarla via, ha sempre qualcosa da raccontarmi.
Mentre penso al mio Natale 2013, le luci qui accanto aumentano l'intensità, con il giorno che da ore ha spento le sue, con l'artificiale diventato naturale.
Spengo il giorno, accendo la sera e penso a oggi, lasciandomi guidare dallo Spirito del Natale. Quello del presente.
"Non c'era niente di particolarmente felice nella città o nel clima, eppure aleggiava un'atmosfera di felicità tale che il più limpido cielo estivo e la più splendida notte d'estate avrebbero invano cercato d'eguagliare. (Cantico di Natale- C. Dickens, Strofa III "Il secondo dei tre spiriti")"
Inizio a sentire il Natale più o meno da metà Novembre. Chi mi conosce bene si preoccupa quando non ne parlo e, soprattutto, quando non preparo i dvd Natalizi a portata.
Dal primo Dicembre inizio a decorare l'albero, in genere impiego una giornata per finirlo, se inizio al mattino e, un giorno per volta, addobbo casa, fino ad arrivare all'otto e alla renna ubriaca sulla porta di casa. Il tutto avviene con in sottofondo la proiezione di un film natalizio. Vado in ordine d'importanza, quelli meno classici fino ad arrivare a capolavori (a mio avviso) come Il canto di Natale, che ho in quasi tutte le sue versioni, animati e non, chiave moderna o meno, Scrooge resta il mio preferito. Da quando ero piccola è stato amore a prima lettura, il libro mi aveva un po' inquietata e ricordo che mi avevano preso un fumetto di Topolino in cui c'era la versione con Paperon de' Paperoni nella parte di Ebenezer Scrooge, giusto per farmi tranquillizzare sostituendo le immagini spaventose della mia fantasia con personaggi un po' più simpatici.
Siamo a una settimana dalla vigilia, e ho già provveduto ai regali, non mi sento un'eroina per questo, diciamo che mi gusto il Natale perché sono predisposta da dentro. Ho risolto tanto tempo fa la questione stress, e l'ho fatto con la mia lista personale dei buoni, depennando tutti i regalini "per dovere". Non faccio niente se non per piacere ed è per questo che non diventa uno stress lo shopping Natalizio.
Le frasi fatte stile "a Natale siamo tutti più buoni" e la risposta "è ipocrita essere buoni solo a Natale e poi il resto dell'anno no" mi fanno sempre sorridere. Io sono così tutto l'anno, nel senso che sono simpatica con chi mi è simpatico e assolutamente inesistente con chi non mi piace (ok, qualcuno direbbe "anche un po' stronza" ma non è vero, sono solo "diversamente socievole") .
E a Natale faccio lo stesso.
Non sopporto chi deve ricambiare i regali a tutti i costi, quello è uno stress che le persone si possono evitare, mi fai un regalo perché hai avuto un pensiero per me, grazie, la cosa mi colpisce, soprattutto se mirato. Me lo fai affinché io corra all'ultimo momento a comprare qualcosa per te, ti attacchi. Se non sei sulla mia lista personale dei buoni, non ti regalo neanche una pallina di agrifoglio cascata dal vaso. Però ti auguro Buon Natale, e te lo auguro dal cuore.
E a Natale faccio lo stesso.
Non sopporto chi deve ricambiare i regali a tutti i costi, quello è uno stress che le persone si possono evitare, mi fai un regalo perché hai avuto un pensiero per me, grazie, la cosa mi colpisce, soprattutto se mirato. Me lo fai affinché io corra all'ultimo momento a comprare qualcosa per te, ti attacchi. Se non sei sulla mia lista personale dei buoni, non ti regalo neanche una pallina di agrifoglio cascata dal vaso. Però ti auguro Buon Natale, e te lo auguro dal cuore.
Del Natale mi piace il calore del mio Albero, anche in questo momento, sono qui, scrivo, mangio cioccolatini e lui mi appoggia la sua luce sulle gambe, oltre la spalla; sbirciando questo spazio e brillando di energia positiva.
Aspetto a giorni l'arrivo dei miei genitori; che si vada da loro o che si spostino per venire qui, una cosa è certa: in cucina ci sta mamma, anche perché il regalo più bello è sicuramente la loro presenza unita ai sapori della mia infanzia. Ci troveremo tutti a casa di mia sorella, sicuramente più spaziosa del mio piccolo nido.
Sento sempre dire "non vedo l'ora che sia il sei gennaio" e mi si stringe il cuore, perché del Natale amo tutto il periodo che lo precede, l'albero con sotto i pacchetti da consegnare, la sua luminosità riflessa su carta colorata e sorprese di ogni forma. Mentre le pubblicità si sprecano, mentre la programmazione inizia a cambiare e accantonare palinsesti catastrofici, e sappiamo quanto ci sia bisogno di un briciolo di leggerezza unita alla speranza, potendo scegliere se farmi il sangue amaro con la politica o passare un paio di ore in serenerà, non ci penso troppo e schiaccio play, ho una videoteca natalizia molto assortita.
La mia tradizione è mettere il dvd del Canto di Natale versione Muppet's la sera della vigilia, subito dopo la mezzanotte, quando si aprono i regali, solo che la confusione a casa di mia sorella e la pesantezza del cenone, fanno pensare al letto e, personalmente, immagino il mio Natale a casa mia, tutto solo e spento.
Allora rimetto il dvd in borsa, guai a dimenticarlo, e quando arrivo a casa accendo l'albero.
Natale.
Lo trovo sorridente, comprensivo e gioioso. Da lì a poche ore sarà il suo momento, allora mi guardo Festa in casa Muppet, sorseggiando un digestivo, guardando ogni tanto Natale che brilla, e lo fa anche senza i pacchetti sotto. Lascio giusto la mia immancabile scatola di Pandoro Bauli a tenergli compagnia e guardo lo schermo della tv lasciandomi accarezzare il cuore.
"È Natale da un'ora e mezza e sei bellissimo."
"È Natale nei tuoi occhi, nel tuo cuore, e mi vedi così."
Non esistono alberi di Natale brutti, Ogni casa ne ha uno con il suo spirito, anche un vecchio melo senza foglie, se addobbato di lucine e amore, diventa bellissimo.
Questa sera guardo il mio albero, sa che sto scrivendo di lui, sa che Natale è vicino e sa che ne ho bisogno, per non dimenticare, per sperare e sentirmi piccola ancora una volta.
Fino al giorno tanto atteso, al pranzo con la tovaglia buona e la tavola imbandita a festa, fino a eliminare ogni traccia di sorpresa, anche il regalo messo al mattino, quello che la notte prima non compariva tra gli altri, quello portato da Babbo Natale, perché Babbo Natale non deluderà chi crede in lui.
Si mangerà tanto, troppo, le mandibole non si fermeranno un attimo "Prendi due mandarini che dissetano un po", sorriderò guardando mia mamma in meritato relax, l'ultima a sedersi e la prima ad alzarsi. Cercherò nel suo sguardo la luce della gioventù nascosta e ricorderemo qualche Natale passato, prima di riporre anche questo.
Festeggio il Natale con la famiglia, pochi intimi di qualità. Non lo passo più con zii e cugini, proprio perché non voglio si trasformi nella festa della falsità, vedo i miei parenti solo quando i miei vanno all'ospedale, e sono stati depennati dalla mia lista dei buoni.
Festeggio il Natale perché mi ritengo fortunata di avere ancora mamma e papà abbastanza in gamba, ma gli anni passano, e non so cosa i Natali futuri abbiano in serbo per me, spero ancora tanta gioia e gli abbracci dei miei genitori, dei miei cari. Vivo ogni Natale mentre il presente scivola e il suo spirito ha la barba grigia. Arriva e passa in fretta, e la sera non riesco più a mangiare, resto a casa mia, con Natale un po' meno luminoso, forse è stanco, sono giornate lunghe per lui, e mi accorgo che ha i rami curvi, o forse sono io a vederlo così.
"Ancora pochi giorni e potrai riposare, amico mio."
"È sempre bello restare con te."
Vivo ogni Natale futuro per avere in tutti i presenti un passato da ricordare, guardandolo sul mio amico albero, in una vecchia stella, nella nuova campana, in quel ramo interno che ha un piccolo spazio per il Natale che verrà.
E, come un vecchio burattino inerme sulla sedia, lo riporrò nella parte più alta dei miei ricordi, domandandomi quanto tempo manchi al prossimo Natale. Sempre troppo.
martedì 10 dicembre 2013
Lo spirito dei Natali passati
"Marley, prima di tutto, era morto. Niente dubbio su
questo. Il registro mortuario portava le firme del prete, del chierico,
dell'appaltatore delle pompe funebri e della persona che aveva guidato il
mortoro. Scrooge vi aveva apposto la sua: e il nome di Scrooge, su qualunque
fogliaccio fosse scritto, valeva tant'oro. Il vecchio Marley era proprio morto
per quanto è morto, come diciamo noi, un chiodo di porta.
Badiamo! non voglio mica dare ad intendere che io sappia
molto bene che cosa ci sia di morto in un chiodo di porta. Per conto mio, sarei
stato disposto a pensare che il pezzo più morto di tutta la ferrareccia fosse
un chiodo di cataletto. Ma poiché la saggezza dei nostri nonni sfolgora nelle
similitudini, non io vi toccherò con sacrilega mano; se no, il paese è bell'e
ito. Lasciatemi dunque ripetere, solennemente, che Marley era morto com'è morto
un chiodo di porta. " (Incipit
Cantico di Natale, Charles Dickens)
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Prima di proseguire, se sei intollerante, devo avvisarti che questo post contiene materiale altamente Natalizio; se hai problemi, la "X" è sempre lassù. Scappa, finché sei in tempo.
Fingerò di sentire la mia campana suonare l'una e di essere in piena notte. Abbracciata dalle lucine del mio Albero di Natale ricevo la visita dello spirito dei miei ricordi. Nessun fantasma, solo profumo di mandarini, di frittelle e la voce di un albero ben più lontano, quello vero che profumava di resina e perdeva aghi.
Quello che mi parlava.
"frrrrr frrrrr" restavo rannicchiata in quell'angolo ad ascoltare la sua voce, un'intermittenza difettosa che per me erano parole. Al buio di quell'angolo del salotto, mentre la mamma era intenta a mettere via le scatole vuote degli addobbi che ricordavo a memoria ma che, di anno in anno, guardavo con occhi diversi.
"Frrrr frrrrr"
"chissà Gesù Bambino cosa mi porterà?"
"frrrrrr frrrrrr"
La nonna mi aveva insegnato che i doni li portava Gesù Bambino, quando vedevo Babbo Natale in televisione facevo un po' di confusione, perché tutto il mondo aspettava il vecchio con pancione e barba bianca, vestito di rosso, e poi nessuna pubblicità mostrava un neonato con un sacco pieno di doni, ma la nonna aveva una risposta a tutto e quando iniziai a domandare perché, facendo notare che il vecchietto aveva più mezzi per accontentare i bambini, mi risposero "Babbo Natale porta i doni, ma è Gesù Bambino che gli dice cosa e a chi, inoltre gli dà il potere di volare con la slitta e riuscire a fare tutto in una notte" così, in un colpo solo, avevano risolto le domande scomode, senza doversi rimangiare la prima versione dei fatti. E io passai a Babbo Natale, con un occhio sempre verso Gesù Bambino, del resto, era lui che "comandava".
"Frrrrr frrrrr"
Il calore della stanza e il pavimento fresco. Amavo guardare la pelle delle mie manine colorarsi di lucine danzanti. Ora sì, ora no.
Ricordo che chiudevo gli occhi e li aprivo di scatto, per scovarle, a volte si spegnevano un attimo prima "frrrr" lo sentivo ridere, era il gioco più bello del mondo.
L'albero era panciuto, tutto colorato, non c'era una tonalità predominante. Le palline erano tutte in vetro, c'erano pigne argentate, rosse, verdi e blu, casette e alberelli di Natale in miniatura, piccole natività intagliate dentro sfere di vetro soffiato, così precise da sembrare progettate da architetti di fama internazionale. I festoni erano il contenuto degli scatoloni che mi era consentito toccare mentre i miei facevano l'albero, il tocco finale. Mentre indicavo i rami più spogli, mi avvolgevo intorno al collo e alla vita questi "boa argentati" e facevo la diva anni '30.
La fila di Luci, anch'esse tutte colorate, era una catena di casette di plastica, poi c'erano le classiche stelline con tutti gli spuntoni, sì, quelle che si staccavano e finivano sotto i piedi facendoti saltare con le lacrime agli occhi e, infine, le mie preferite; una serie di lanterne bianche che assumevano il colore della lampadina. E, mentre anche l'ultimo festone avvolgeva i rami profumati del mio amico di sempre, saltavo felice, proprio come le immagini dei bambini intorno all'albero di Natale. Mi sentivo una bimba da cartolina, con le trecce e gli occhi pieni di felicità.
"Spegni la luce, presto!" e si accendeva la magia.
Dei Natali passati ho molti sprazzi di felicità, sono stata fortunata, forse per questo vivo questo periodo dell'anno con tanta gioia, o forse dovrei definirla nostalgia, onestamente non so collocare gli aneddoti in un preciso contesto temporale, so che il profumo era sempre quello, sia a casa nostra che dalla nonna.
Già dal mese di Novembre i miei mi tenevano sotto scacco con piccoli ricatti morali. Bastava dirmi "Va bene, tu continua pure, poi però, se sotto l'albero troverai gli aghi di pino…" e mi trasformavo in un angelo di bambina. La paura che Babbo Natale andasse dritto davanti al tetto di casa mia era tanta, e non ho mai avuto il minimo dubbio su questo: i capricci non piacevano alla mamma, a papà, alla nonna e neppure a Gesù Bambino e Babbo Natale. Oh, neanche alla Befana, se è per questo, ma ero terrorizzata da quella vecchia; più della paura di non ricevere dolciumi, c'era quella di vederla e beccarmi una scopata sulla schiena, era il modo per mandarmi a dormire senza storie e il passatempo preferito di mio padre, quello di terrorizzarmi con la Befana, ma questo è un altro capitolo, torno subito ai miei Natali, quelli che mi facevano comportare bene; mentre la mamma tornava dal lavoro un po' più tardi del solito e andava in giro per negozi un po' più volte del normale, ma non riuscivo a capire perché non ci fossero i sacchetti della spesa, passava dalla nonna a salutarci, a volte mangiava un boccone con noi e poi andavano a casa. Ogni sera la stessa storia, fino alle vacanze, e allora si tornava a casa, avevo nostalgia della nonna ma appena si faceva l'albero mi sentivo meno sola. E glielo raccontavo.
I giorni passavano e, a parte qualche panettone o dolcetti vari, non c'era ombra di alcun regalo. Sono cresciuta con l'attesa del passaggio di Babbo Natale, i pacchi dono apparivano solo dopo il suo arrivo: da zero a dieci. La magia era questa. Rendermi conto di quanti pacchetti apparivano dal nulla, la bravura dei miei genitori consisteva nel farmi sentire o vedere cose che non c'erano mai state.
"Hai sentito questa folata di aria fresca? vai a vedere, arrivava dalla sala" oppure "Erano forse campanelli quelli che ho sentito?" E io rabbrividivo per uno spiffero che non era mai esistito o asserivo di aver sentito il rintocco di un campanellino, forse erano due.
Mi affacciavo sulla porta del salotto, la stanza immersa nel buio, a tratti illuminata da casette, stelline e lanterne colorate "frrrr frrrrr" Il cuore che martellava nel petto, un po' per paura "Dormi, se fai la furba e cerchi di sbirciare, Babbo Natale va dritto e non ti lascia i doni." i miei genitori erano molto giovani quando hanno avuto mia sorella e me, a volte non resistevano e la notte della vigilia, quando eravamo un po' più grandine, ci tenevano sveglie, mettevano i doni e ce li facevano vedere prima di andare a dormire. Succedeva anche quando mia madre aveva da fare la mattina di natale e non poteva gustarsi il nostro entusiasmo, quindi appena scoccava la mezzanotte piazzava sotto l'albero tutti i pacchetti, dal primo all'ultimo, ci faceva una recita da oscar e noi scoprivamo la magia la notte della vigilia, così, la mattina dopo poteva alzarsi con calma e fare tutte le sue cose, mentre noi dormivamo con un sorriso stampato sulla faccia.
Una volta era anche successo che tutti e due erano crollati senza riuscire a sistemare i doni, quella mattina ero stata svegliata dalla voce agitata di mia sorella, era molto presto, si era alzata per andare in bagno e non aveva resistito senza dare un'occhiata al nostro albero.
"Babbo Natale è andato dritto, non è passato e l'albero è spento!"
La mia paura aveva superato la voglia di dormire, Babbo Natale era andato dritto. Mentre correvo a piedi scalzi per controllare che mia sorella non avesse sbagliato, mamma e papà dalla loro camera, ci redarguivano "Tornate a letto, è l'alba!"
C'era qualcosa di stonato. La sala era immersa nel buio, il mio albero non parlava e le luci erano sparite.
"Babbo Natale è andato dritto, mamma, papà, non ci sono regali!"
Tutto era sbagliato.
Non so quando fosse arrivata mia madre, dietro di noi, il viso incredulo, anche un po' colpevole e preoccupato, ma io ero già in lacrime; sentivo la risata di papà dalla camera, tossiva e rideva, non riusciva a parlare "Cucciola ahaha, vieni qui e raccontami cos'hai combinato per non prendere regali" e mentre non mi rendevo conto che, in realtà lui stava solo intrattenendo mia sorella e me, forse in un modo un po' opinabile, la mamma era andata chissà dove. Ricordo che ero infastidita dal buonumore di mio padre, gli spiegavo che non avevo fatto proprio niente, non avevo sbirciato neanche una volta e, mentre la mamma era ricomparsa, con un po' di fiatone e un mezzo sorriso d'intesa verso la sua divertita metà, eravamo tutti e quattro nel lettone a parlare, io con i lucciconi agli occhi, mia sorella più pensierosa, papà con le lacrime, ma non per il mio stesso motivo, e la mamma sempre con quell'espressione grave che però si dileguava nello sguardo.
"Shhh avete sentito?"
Tesi l'orecchio, forse qualcosa avevo sentito, un campanellino, un fruscio o un colpo di tosse. Papà, improvvisamente serissimo "Urca sì, adesso vado a vedere che non sia entrato qualcuno, 'spetta che mi alzo."
Non aveva ancora toccato il lembo del lenzuolo che mia sorella e io eravamo già davanti alla porta della sala.
"Frrrrr frrrrrr"
L'albero parlava e le luci erano tornate: tutto era giusto.
Dei miei Natali passati, ricordo sempre quel breve lasso di tempo che sembrava infinito: il momento in cui gli occhi vedevano tutti quei colori, pacchi e pacchetti e il cuore assorbiva la magia.
Non parlavo, mi emozionavo, trattenevo il respiro e la prima a urlare era sempre mia sorella "Mamma, papà è passato, è passato Babbo Natale!"
Allora mi destavo da quello stato di apnea involontario e mi avvicinavo a lei che aveva già in mano un po' di pacchetti. Ricordo noi due, sotto l'albero, papà e mamma sorridenti sulla soglia della porta, forse un po' troppo emozionati, ma la mamma si emozionava anche guardando la pubblicità dei bambini sconosciuti, non faceva testo all'epoca, i nomi sui pacchetti, e il rumore della carta strappata che copriva la voce del mio albero.
Nel mio passato ci sono lunghe sere della vigilia passate con mamma, papà e nonni paterni, loro erano più anziani della nonna che badava a mia sorella e me tutto l'anno, quindi passavano in genere una festa con noi e una con la figlia, la sorella di mio padre, quando loro venivano la sera della vigilia, passavamo il Natale con la nonna materna, che preparava a casa sua, così la mamma poteva anche riposare, lavorando tutta la settimana era molto stanca; e quando i nonni paterni passavano il Natale con noi, la vigilia si passava dalla nonna materna.
Quelli erano i Natali più massacranti per mia madre, perché l'indomani avrebbe avuto a pranzo l'intera famiglia paterna. Il pacchetto comprendeva nonni, zia e cugine, fidanzate dei cugini e le tavolate si sprecavano, ma noi avevamo il nostro daffare con i regali, sapevamo che non si doveva stare intorno alla cucina, e tutto filava liscio.
Di quanto ero piccola, ricordo i racconti di mia mamma e della nonna, dei loro Natali, alcuni un po' tristi, mamma ha perso il papà in età molto tenera, aveva dodici anni ed era la più grande di tre fratelli. Raccontava che quando c'era suo papà era sempre una festa lunghissima. Conoscevano famiglie poco fortunate, chi era vedova, chi aveva poche possibilità. La famiglia di mia mamma non era ricca, ma all'epoca mio nonno aveva una discreta posizione lavorativa e tutti loro potevano ritenersi fortunati, quindi mia nonna e lui preparavano una spesa da portare a famiglie di loro amici che, per un motivo o per l'altro, non potevano permettersi un Natale decoroso, e qui, non si trattava di regali e giochi per i più piccoli, ma di pietanze da mettere in tavola. Passavano la vigilia da una, poi si univano tante altre persone conoscenti, chi portava le frittelle, chi l'arrosto, chi il brodo e chi i dolci, la famiglia che ospitava in genere preparava le torte di verdura, cibo più economico, buono al palato e salvezza per il loro amor proprio, "così partecipavano attivamente alla festa senza sentirsi troppo poveri" diceva la nonna, e la mamma con lo sguardo perso in una malinconia lontana, annusava la buccia di un mandarino, con un sorriso triste.
Quando la nonna rimase vedova, aveva poco tempo per piangere la sua solitudine, lei non aveva mai lavorato, e c'erano figli da far studiare. La sua prima preoccupazione,
Nonostante le condizioni economiche fossero cambiate notevolmente, portò avanti la tradizione del gesto caritatevole nei confronti di persone meno fortunate, anche se lei aveva perso tutto. E per "tutto", qui si parla di quella parte di sé che era cuore, sangue e tanto amore. La sua quercia.
Quando eravamo bambine ricordo che la nonna materna aveva sempre un pacchetto per qualche persona anziana. Non erano giochi, vestiti o calzini, erano cose che io non capivo che tipo di regalo potesse essere. Caffè, zucchero, pasta, latte e biscotti. A volte mi portava con lei, qualche giorno prima delle feste, e le persone che andavamo a visitare erano due vecchiette, una di queste aveva una sorella un po' svitata e mi faceva tanta paura, a casa loro non c'era albero, non c'erano luci e, a parte un vecchio Presepe che sembrava più un paese terremotato, non c'era traccia dello spirito Natalizio.
Da quando mia madre era cresciuta, ovviamente il Natale si faceva ognuno a casa propria, non esistevano realtà o condizioni come quelle della sua infanzia, o meglio, erano ben nascoste, ma né lei né mia nonna, dimenticavano queste due vecchiette.
"Lei mi portava sempre i mandarini e qualche caramella. Non avevano i soldi per il latte, ma non si dimenticava mai di me e degli zii." Era la gratitudine di una donna sola che era stata aiutata da amici in un momento nero della sua vita. A modo suo, rimase vicina a mia nonna nel suo dolore, fino a quando il sorriso del tempo si sostituì alle sue lacrime nascoste. Mia mamma, ancora oggi, ricorda la discrezione del dolore della nonna, per non lasciar trasparire la sua disperazione e dare un po' di coraggio a lei, l'unica figlia femmina che aveva avuto tutto l'amore di quel padre scomparso troppo presto, e ai miei zii ancora più piccoli.
Questi racconti mi mettevano un po' di tristezza, ma poi passava, intanto la nonna friggeva le frittelle, mentre la televisione mostrava la pubblicità della Bauli o della Vecchia Romagna etichetta nera, e io pregavo affinché Babbo Natale né Gesù Bambino mi facessero mai trovare sotto l'albero una bottiglia di quella roba lì.
Ci sono alcune immagini del passato che mi seguono ovunque io vada, nel periodo delle festività natalizie. Ancora oggi, quando vado per strada, osservo le luminarie a bocca aperta, le serate del mese di Dicembre offrono un panorama serale che mi scalda il cuore. Quando cammino per strada, la sera, resto incantata dalle luci degli alberi che si vedono dalle finestre di case sconosciute, immagino gioia e serenità di famiglie mai viste, o almeno, mi auguro sia così, e penso sempre di vedere una piccola peste con le trecce e il naso appiccicato al vetro.
A casa mia l'albero di Natale si faceva rigorosamente di fronte alla finestra. Quando era finito si aspettava venisse il buio, per uscire in giardino e ammirarlo. Non sono cresciuta in città, lo vedevamo solo noi e le poche persone che passavano dalla stradina adiacente casa, ed era uno spettacolo di un'intimità disarmante. La nonna, invece, abitava in un appartamento, ma anche lei addobbava un albero davanti alla finestra. Il suo era guardato da molte più persone e lei aveva un'altra usanza. I miei zii decoravano i vetri delle finestre con disegni a tema. Mi piaceva aiutarli, anche se, puntualmente, scarabocchiavo e molte volte cercavano di farmi trovare tutto pronto per evitare capricci da parte mia (ma avevano sempre il jolly, loro: "se non fai la brava Babbo Natale tira dritto") e lavorare in pace.
La notte di Natale, la nonna, accendeva sempre una candela davanti alla finestra più piccola della casa, dopo aver tolto le tende, per non appiccare incendi a sorpresa e nell'angolo della sala c'era un presepe immenso.
Io giocavo con le sue statuine, lei me lo lasciava fare; poi tornava a casa lo zio Piero e brontolava perché trovava pastori dentro la capanna e pecore sui tetti delle case, ma il presepe a casa mia non c'era, quindi dalla nonna c'era un divertimento diverso e poi il suo albero non parlava come il mio.
Ogni anno, la nonna, prendeva un grosso ramo secco. Uno di quelli spogli, con le dita scheletriche, talmente marrone da sembrare nero.
lo fissava in un vaso pieno di vecchi maglioni, copriva il tutto con carta da regalo riciclata, metteva poche palline, qualche batuffolo di ovatta e una fila di lucine colorate. Sembrava un paesaggio invernale innevato. Era bellissimo.
Il suo piccolo balcone era decorato con una fila di luci grandi come palline da tennis, erano arancioni, verdi, gialle, blu e bianche, con l'effetto buccia d'arancia, e ricordo che la sera, con il nasino appiccicato al vetro, osservavo i passanti, avevo lo sguardo fiero; pensavo che nessuno di loro avesse quelle luci, ed era vero. Quelle luci erano sopravvissute, probabilmente, a una qualche battaglia di quelle che si studiano sui libri di storia, infatti non ne avevo mai viste in giro, come quelle.
La Vigilia a casa della nonna era ricca di storie, essendo meno persone a tavola, si riusciva a guardare La vita è meravigliosa e altri vecchi film a tema, poi c'erano i racconti tratti da classici come quello di Dickens, o storie di Natali molti diversi dalla mia realtà, vissuti sulla pelle e nel cuore dei narratori, io ascoltavo a bocca aperta, e quando tornavo a casa ero talmente stanca da non avere paura dei tre fantasmi del Natale, e poi sarebbe arrivato Babbo Natale e, a differenza di Scrooge, amavo questa festa, non correvo alcun rischio.
Intanto, nel mio presente di donna, sono scese le prime ore della sera, fuori il freddo è umido, accanto a me c'è un albero con tanto di nome, che mi parla. Non come quello del passato ma, a modo suo, lo fa.
Lo spirito dei miei ricordi si sta dileguando ma prima ha ancora qualcosa per me.
Non ricordo i motivi che portarono tutte quelle persone a casa mia quella Vigilia, so solo che, per mia sorella e me, proprio Quella è stata La Notte di Natale per eccellenza.
C'erano i nonni paterni, la zia, le cugine, la mia nonna materna, gli zii e noi quattro. Mamma, papà, mia sorella e io.
Prima di parlare della magia di quella notte, è bene dire che mia mamma e la zia paterna, erano anche colleghe di lavoro. Quando prendevano la tredicesima, e sì, quando ancora quella mensilità extra aveva il suo giusto peso, la devolvevano a figli, nipoti e cibarie per cena e pranzo festivo.
La zia regalava sempre a mia sorella e me qualcosa d'importante, lo stesso faceva mia madre con i suoi figli, anche se uno dei miei cugini era già in età da fidanzata e non facevamo in tempo ad abituarci al nome di una, che dovevamo subito impararne un altro. Quell'anno era il turno di Tiziana. C'era anche lei, con i suoi capelli biondo platino lisci e lunghi e le unghie smaltate di rosso, l'ombretto sugli occhi e un profumo buonissimo. Ricordo che non smettevo di guardarla, fino a quando non presi la mia bambola e le dissi che aveva gli stessi capelli. E non era proprio stato un complimento per lei, visto che disse di avere i capelli molto più morbidi, con un tono da smorfiosa un po' più acido del normale. Decisi che Tiziana non mi era simpatica. E non lo era neanche a Rebecca, la mia bambola.
Eravamo circa sedici persone. In casa, quell'anno, c'erano dei lavori in corso a causa dell'impianto di riscaldamento, la sala non era agibile e i miei genitori avevano deciso di mangiare in un rustico che in genere usavano per le feste estive o quando si facevano le pizze e il pane caldo nel forno a legna. Era la baracca del forno, come la chiamavamo noi, in realtà era un ambiente molto ampio con stufa e forno a legna. Piastrelle linde e servizio di acqua corrente, calda e fredda. Della baracca aveva ben poco. Esisteva da quando ci abitava mia mamma con i miei zii, la casa dove vivono tutt'oggi i miei genitori, era la casa d'infanzia di mia madre, modificata per molti aspetti, ma sempre lei. Il mio rifugio.
Ricordo che ero un po' triste perché non avrei avuto il mio albero di natale sott'occhio, a causa dei disagi in casa era stato allestito alla fine del corridoio, allora mio padre aveva addobbato, in fretta e furia, un piccolo ramo di abete anche nel rustico, giusto per non vedere più il mio broncio, e fu una serata perfetta.
La mamma aveva lavorato dalla mattina presto intorno ai fornelli, aiutata dalla nonna, mia zia era arrivata verso sera portando altre cose buone, nessun pacchetto fra le mani, ma questa era la normalità, non ci aspettavamo niente dalle persone noi. Infatti, per non creare ulteriore confusione, avevamo il Babbo Natale di mamma e papà, quello della nonna o quello della zia, ecc. In pratica loro avevano chiesto un dono per mia sorella e me e noi dovevamo ringraziare per il pensiero. Del resto io, a Babbo Natale e per gentile intercessione di Gesù Bambino, chiedevo cose per me, mica per qualcun altro, e loro erano proprio carini, tutti, a pensare a noi.
La sera di quella Vigilia trascorse tra risate, cibo e giochi. Arrivata una certa ora iniziavo a fare il giro delle braccia. Un po' dai nonni, un po' dalla zia, da papà e dalla mamma; sbadigliando sbirciavo mio cugino e la sua nuova bambola intenti a sbaciucchiarsi e, come tutti i bambini stanchi e annoiati, non trovavo l'abbraccio comodo. Fino a quando non arrivai dalla nonna. Le sue braccia erano come il proprio letto dopo una settimana di vacanza. intanto sentivo il suo profumo e la sua voce, chiudevo gli occhi, li riaprivo, li chiudevo ancora. Nell'aria il tintinnio dei bicchieri e il profumo delle bucce di mandarini sulla stufa a legna. Il calore era piacevole, rassicurante.
Dal rustico a casa c'era una scalinata di cemento e un tratto di strada al buio, quando si doveva andare in bagno c'erano le solite raccomandazioni "metti il cappello, chiudi il cappotto davanti, vieni qui che ti metto la sciarpa" Uscire da un ambiente riscaldato dalla stufa a legna, per affrontare il gelo notturno di Dicembre, faceva sì che, una volta fuori, comprendessi il motivo di tutti quegli strati di lana. Era scoccato il momento "pipì". In genere veniva sempre la mamma o la nonna ad accompagnare la bambina che aveva bisogno del bagno, la casa era chiusa a chiave e il buio esterno era rischioso, i ruzzoloni si sarebbero sprecati se ci fosse stata un po' di disattenzione. Lo dissi sottovoce alla nonna, la mamma sentì e disse a mia sorella e alle mie cugine di approfittare della sua guida per andare in bagno. Le proteste arrivarono "a me non scappa" e, mentre mi stratificavano d'indumenti, anche la zia e i nonni iniziarono a insistere affinché tutti i bambini andassero in bagno.
Ricordo che mentre tutti protestavano, io ero molto indaffarata a restare concentrata per non bagnare i pantaloni, una volta arrivati in casa la prima cosa che vidi fu la luce del mio albero, in fondo al corridoio, e mi sorrideva. Intorno solo due scatole di cioccolatini e un pandoro Bauli, forse anche un panettone.
Nient'altro.
Corsi in bagno, intanto sentivo mia cugina Francesca che parlava con mia sorella dalla nostra cameretta, lì accanto. Si stavano togliendo cappotti e sciarpe, quando uscii, aprendo la porta, lo spettacolo davanti ai miei occhi mi lasciò senza parole e respiro.
Sotto l'albero erano comparsi così tanti pacchetti, che non si vedevano i rami bassi.
A bocca spalancata restai immobile sulla soglia, chiamai mia sorella a voce alta, solo lei. In quel momento avevo dimenticato cugini, zii e nonni, avevo dimenticato perfino i capelli platinati e stopposi di Tiziana, volevo mia sorella, mamma e papà.
Mia sorella si affacciò dalla camera, guardò me sulla soglia del bagno e seguì il mio dito puntato verso l'albero.
"Mamma, papà, è arrivato, è arrivato!"
Era sempre lei che sbloccava la situazione.
Uno a uno, dalla cucina, si affacciarono gli adulti, mia cugina era più grandina, era nella fase "forse Babbo Natale non esiste", ma quella notte si tolse i dubbi, almeno per un po' ancora.
La bravura dei miei era quella di farti vivere la magia del Natale. Avevano aspettato che passassimo tutte davanti a quell'albero, testimoni inconsapevoli. Nel giro di poco piazzarono tutto e si tolsero dalla vicinanza. O forse non erano stati loro, non quella volta.
So solo che così tanti regali tutti insieme non li avevo mai visti. Non erano tutti nostri, eravamo tanti bambini, ma a casa mia si confezionava anche un sacchetto di palloncini o una scatola di Crystal Ball. Quella fu la vigilia di una bambola bellissima che, ancora oggi conservo. Ok, non ride e non piange più, ma esiste e si chiama Nella. Babbo Natale dello zio Piero.
Carrozzina come quelle vere, palloncini, libri da colorare, altra bambola, scatola di colori, pennarelli, calze, mutande, caramelle e cioccolatini. Pentoline e tante cose per tutti. Quella è stata La Vigilia, mentre tutti ridevano e giocavano, io ridevo piangendo; ed ora che si è fatto giorno, il fantasma dei miei ricordi sta andando via, lasciando un po' di quel profumo ad avvolgere queste giornate. E sono qui. Presente, con il Natale odierno, con altre cose che mi fanno amare questi giorni, con altri pensieri che oggi vivo con un po' di compere da fare, con il cuore di bambina e così tanta gioia da sperare sempre di essere contagiosa, così dicono, nel periodo dell'anno che amo di più.
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Nella |
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