martedì 6 agosto 2013

E la notte bussò

È una notte fresca e seria come i guai, questa. Una di quelle notti in cui se esci fuori hai freddo, se resti in casa hai caldo, se bevi hai fame e se mangi hai sete.
E premo le cuffiette sulle orecchie, come quando ero piccola e mi appoggiavo alla radio per isolare il resto, come se la musica fosse il mare e quella scatola di plastica una conchiglia.

È una notte che sta aspettando qui fuori e non so ancora dove mi porterà, e, a dirla tutta, non sono pronta.
Era quasi fatta, un attimo e sarei andata a dormire, invece arriva la notte sotto casa e suona il citofono, puntuale come un esattore, solo che al posto dei soldi mi toglie il sonno. allora apro un foglio bianco, lo osservo e inizio a scrivere, anche se non so ancora dove andrò, non so che nome dare a questo silenzio, però mi piace, ci diamo del tu.

Allungo le gambe stanche, accendo una sigaretta e mi preparo senza troppa convinzione, penso alle stelle e alla loro eleganza, mentre io sono qui a ricevere la notte in pantaloncini e canotta, a piedi scalzi, con i capelli scompigliati e i pensieri incastrati in mezzo, non ero preparata, come accade quando incontri l'ex per strada e non sei mai sistemata troppo bene, mentre lui è splendido e ti dice di trovarti bene e vorresti strappargli la faccia, ma ti dai un tono e sorridi, senza rispondere "anche tu", perché omettere non è mentire.
Ma la notte è diversa, quando arriva ti guarda come nessuno mai. E sai di essere bellissima, anche con canotta, pantaloncini, scalza e con i capelli scompigliati. I pensieri, già, quelli però non fai in tempo a metterli nell'elenco che escono per farsi accarezzare, come puttane che scodinzolano per avere una porzione di amore artificiale.

È una notte saggia come le storie negli occhi di un vecchio pescatore, quelle inventate e quelle vissute, che neanche lui ricorda più quali siano le une o le altre.
E la carrellata di ricordi sfila, mescolata alla fantasia. Vissuto e immaginario, sogno o realtà, poco importa, sono fuori con la notte e tutto è concesso, almeno, fino all'arrivo dell'alba. Mentre porto le ginocchia verso il petto, per sentirmi più raccolta,
come in un abbraccio, 
come tra due mani, 
come in uno sguardo.
Bisogno di sentirsi bene in una trappola.

E non riesco a stare ferma, alzo il volume della musica per non ascoltarmi, incrocio le gambe e sistemo il portatile sulle ginocchia, ma fa caldo e la pelle brucia nel modo sbagliato; non dovrebbe andare così, è tutto sbagliato, fuori posto e anche la musica stona, ma sembro l'unica a sentirla; la notte sorride, per lei è tutta uguale la musica, mi guarda, con quegli occhi indulgenti, lo sguardo che si riserva a un bambino che, nel giochino della Chicco, cerca d'incastrare la stella nello spazio della luna.

Quando il gioco cambia, quando non si rispettano più le regole e ti accorgi che stai indossando solo una canotta e dei pantaloncini consumati, ti senti nuda a una festa di gala, e forse, neanche così bellissima sotto quello sguardo scuro; perché la notte, se vuole, sa mentire; e se credi in lei sei una stupida.







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