mercoledì 10 luglio 2013

La scienza irrazionale

Da tantissimo tempo, scienza, costante ricerca e medicina hanno fatto e continuano a fare passi da gigante, per fortuna, considerando che una volta si moriva per un banale raffreddore, bruciavano le donne che possedevano un gatto (e non solo) e l'ignoranza popolare regnava sovrana. Anche se, oggi come oggi, non è che si sia estinta del tutto.
La scienza non perdona. Nero su bianco, o, come preferisco io, Blu su Bianco.
Troppe persone si sono affidate a ciarlatani muniti di bacchetta magica per vincere al totocalcio, per far tornare un calesse lontano centinaia di km e, addirittura, per guarire da malattie molto serie. Per far morire una persona, per far soffrire chi non ci vuole più, e tante altre nefandezze che, se fossimo state persone un po' più attente, sarebbero rimaste leggende sui libri di storia.
In tutto questo è intervenuto lo studio, la razionalità e l'intelligenza di umani che si sono prodigati anche per la causa degli stolti, e lo dico in maniera affettuosa, perché di fronte a certe truffe si sono rivelati matasse di dolore manipolate da bestie immonde, per mettere fine a questo scempio.
Ma.
Come un diserbante, che non riconosce l'erbaccia dalle primule, la razionalità, se non la si maneggia con cura, brucia tutto ciò che tocca. inclusa la magia buona, quella che non nuoce ma alimenta; quella che alleggerisce il fardello delle responsabilità o delle preoccupazioni.
Questo è un compito difficile, perché gli studiosi devono andare avanti per il nostro progresso, ma se un bambino ha paura del buio, non gli interessa sapere che nel buio non c'è il mostro, se lui lo percepisce.

Mi accendevano la luce e me la spegnevano. Due, tre volte, per farmi vedere che tutto era come prima. Inclusa Federica, la mia bambola. Era vicino a Nella, l'altra bambola, e nessun mostro le aveva toccate. Poi, morti dal sonno, i miei tornavano a dormire. Dopo avermi spento la luce.
Ma io sapevo che il mostro era furbo, mi avrebbe sorpresa durane il sonno e sapevo che stava attento a non farsi sorprendere da mamma e papà, sapevo che non avrebbe toccato neanche un pastello colorato. Lui voleva me.
Ogni sera la stessa storia e una volta accesa e spenta la luce, loro tornavano a letto, io piangevo, loro mi prendevano nel lettone o, quando erano stati più severi, era mia sorella che mi ospitava nel suo letto, purché dormissi e la finissi di frignare. Non avevo bisogno delle loro fottutissime prove Blu su Bianco, perché una bambina non conosce razionalità, se non la propria.
La soluzione a tutti i miei problemi arrivò dalla nonna. Lei sapeva sempre tutto.
Quando dormivo da lei non c'era nessun mostro nel buio. Nonna era vedova da tantissimi anni, non ho mai conosciuto suo marito, neanche mio zio ha conosciuto suo papà. Era molto piccolo quando lasciò la sua bellissima famiglia per un viaggio molto più lungo.
Nonna avrebbe dovuto chiamarsi Razionalità, visto che all'età di 40 anni, si è dovuta rimboccare le maniche e tirare su da sola 4 figli. La più grande, mia mamma che aveva solo 12 anni.
La nonna è sempre stata una donna molto pratica, una da "poche storie, oggi c'è questo, se vuoi aspettare qualcosa di meglio, lascialo pure lì", e le credevi, aspettavi che arrivasse qualcosa di più goloso, fino a quando la fame ti faceva apprezzare il suo menù, allora sorrideva e diceva "hai visto che è arrivato?" e si riferiva naturalmente all'appetito.
Il suo lettone era il rifugio anti-mostro migliore che avessi mai conosciuto.

Nonna aveva sempre una soluzione pratica, anche se, non proprio razionale.

Quella mattina mia madre stava parlando con lei, in realtà lo faceva con me, il tono era seccato e ripeteva piccole velate minacce alternate da "non c'è verso di chiudere occhio". Io giocavo, sentendomi in colpa e vergognandomi un po' con nonna, del resto di giorno dimenticavo il mostro, i fantasmi e le streghe. Con gli occhi bassi e le gote in fiamme, vestivo Nella, pettinavo Federica, sempre più lentamente, per non perdermi una parola di quella conversazione.
La nonna mi guardava, ma non riuscivo a capire se fosse arrabbiata anche lei o se stesse pensando a quanto fosse pisciasotto sua nipote. Dopo un po' di tempo, si avvicinò a me, prese in grembo Federica e si complimentò per la pettinatura della mia bambola.
Poi mi chiese, senza troppi giri di parole, se avessi mai visto il mostro in faccia.
Lei mi credeva.
Il suo tono era complice, nonna sapeva.
Scossi il capo per dire di no, e farfugliai poche parole.
"Ma c'è, io lo so."
Si alzò, andò a prendere la sua borsa, tornò da me con qualcosa in mano e, sempre in gran segretezza, mi diede una caramella all'anice.
La guardai e, mentre iniziavo a scartarla, mi bloccò.
"Ferma. Non mangiarla. Questa la tieni sul comodino, i mostri odiano il profumo dell'anice, scapperà e non tornerà mai più".
Ero incredula. La soluzione era davanti a me, e me l'aveva data la nonna.
Una caramella all'anice.
Quella notte misi il mio talismano sul comodino e, quando spensi la luce, mi accorsi che la camera era sicura. Il mostro era andato via, con grande sollievo dei miei genitori e mio.
La prova razionale era quella che mi avevano sempre fornito i miei. Blu su bianco: una stanza al buio, non cambia, ma la razionalità di una bambina è diversa. I mostri si nascondono e quando accendi la luce diventano invisibili.
La soluzione era un piccolo inganno. Una caramella all'anice, odore forte che i mostri detestano. Non faceva una piega.
Ancora oggi ho una passione per l'aroma dell'anice.

Ci sono cose che la scienza schiaccia, fortunatamente, ma sotto la grande pressa, se non si fa attenzione, ci resta anche la speranza riposta in una piccola, grande magia.


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