domenica 28 luglio 2013

Estati diverse

Chi l'avrebbe mai detto che, tanti anni dopo, sarei diventata un manicaretto per le zanzare sbuffando per il caldo, mentre il paese è illuminato a festa e le signore a braccetto dei loro mariti sfoggiano un sorriso di plastica e i sandali buoni.
In tanti anni che abito qui, ieri sera è stata forse la terza volta che sono uscita fare due passi. In genere mi sposto altrove o sto a casa.
Abito in un paese dove tutti ci conosciamo di vista ma nessuno sa come si chiami l'altra persona. O forse sono solo io a ignorare questa cosa degli altri.
"La signora bionda che porta il cane a pascolare, la figlia di quella che ha i baffi come un moschettiere, quella che se ti ferma non ti molla più, quello che si maneggia sempre il pacco quando butta a spazzatura e ti guarda come se dovesse spogliarti, quello che se non scappi prima ti dice che tempo faceva nella Pasqua del 1972" cose così; ma ci scambiamo sorrisi di circostanza e saluti cordiali, come se sapessimo anche i nostri nomi. Distinguo il vicinato da caratteristiche che non mi sono mai resa conto di aver catalogato in tutto questo tempo.

Eppure io ricordo estati diverse. Quelle fatte di musica, di capelli ancora bagnati e lucidi tenuti fermi da una fascia rossa, con la pelle lucida dalla nivea passata accuratamente dopo la doccia della sera, per far risaltare l'abbronzatura. Le estati che ricordo avevano l'appuntamento sotto casa la sera, con l'orologio alla mano, perché se tardavo non c'era un seconda volta, ed era una concessione uscire la sera a sedici anni, ma in villeggiatura anche i miei si rilassavano e diventavano più permissivi, anche se papà dopo teneva il broncio per un'oretta.

Durante il giorno arrivavo in spiaggia con i miei e cercavo subito la postazione ideale che mettesse  a tacere tutti. Mia madre che "voglio averti sottocchio, non sparire" e io che "meglio non pensino che sono ancora piccola e vado al mare con i genitori", anche se poi eravamo quasi tutti villeggianti con le famiglie al seguito, piccole grandi donne atteggiate a qualcosa che non esisteva. Non in quel periodo e non a sedici anni.

Le estati che ricordo con un sorriso sono quelle che mi facevano spendere i soldi del gelato nel jukebox,  per ascoltare il tormentone del momento ancora una volta, ancora e ancora, fino a quando il titolare del chiosco, quando mi vedeva arrivare, lasciava scivolare la moneta e offriva quel giro di note, allora prendevo un gelato e mi sedevo con i piedi sulla ringhiera e lo sguardo apparentemente rivolto al mare, in realtà osservavo i ragazzi che giocavano a calcetto e non mi perdevo neanche una battuta o un'occhiata che buttavano ogni volta che qualcuno segnava o parava. Pavoni in erba.

Di quelle estati ricordo anche il gusto di poter mangiare liberamente un cornetto (rigorosamente Algida) o un calippo (frizzante alla cola), senza sentire battute stupide e senza atteggiarsi a Moana Pozzi, perché gustando un cornetto si sentiva l'estate addosso, ci si trasformava nella ragazza della pubblicità che divideva il cuore di panna con lui fino ad arrivare al bacio, non si pensava ad altro, era questione di immagini evocative differenti; ricordo la mia consapevolezza di avere le labbra arrossate dal freddo del ghiaccio, mi sentivo bella, non sensuale. Bella. Una malizia diversa, impartita senza volere da genitori più apprensivi. Eravamo piccole donne che arrossivano e facevano impazzire i ragazzi abbassando lo sguardo per pochi secondi per poi sfidarli in una gara di tuffi, sperando che ti prendessero in braccio per buttarti in acqua con l'inganno, e sì, un po' di gallinaio c'era, ma le risate genuine rivelavano sempre il lato bambino che oggi si perde già a tredici anni. E ci cascavano, una volta, e  nessuno dei due veniva ingannato, erano ruoli studiati a tavolino senza troppi schemi, da entrambe le parti.

Di quelle estati restano bigliettini scoloriti di numeri telefonici e indirizzi, usati per un po' e poi persi chissà dove, in qualche cassetto della memoria che oggi ho aperto ripensando a quanto sia diversa l'estate, adesso, o forse sono io che trovo il cornetto Algida meno buono e non so ancora quale sia il tormentone musicale dell'estate 2013, e neanche quella precedente e l'altra ancora, e poi ancora e ancora.



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