Caffè e red bull scorrono nelle mie vene e non voglio fare quel che dovrei: dormire.
Il periodo più brutto della mia vita l'ho passato maledicendo la notte. Quando non chiudevo occhio, quando il letto era una prigione e di dormire non se ne parlava.
All'epoca avevo paura del pre-serale, iniziavo a bere camomilla dalle 19 e dopo le 15 neanche un caffè. Crollavo sulla poltrona e quando andavo a letto gli occhi si spalancavano, il soffitto mi guardava minaccioso e io contavo, ripassavo ogni ricordo, mi ripetevo di dormire, usavo anche l'imperativo, ma non funzionava. Aspettavo le prime luci dell'alba e mi alzavo. Non avevo nulla da perdere, a parte la luce del giorno.
Ricordo benissimo quando la notte diventò mia nemica, ma quella è un'altra storia molto triste, che non ho voglia di raccontare. Non stanotte.
Una volta sconfitti i mostri, o forse li ho solo chiusi nel ripostiglio, ho ricominciato a parlare con la notte, ad esserne complice. Ad amarla, come si fa con la più lussuriosa delle passioni.
Non esiste notte senza musica.
Non esiste notte senza ricordi.
Non esiste notte senza malinconia.
Non esiste notte senza sospiri.
Non esiste notte senza bisogni.
Come quando dici che le fate non esistono e ne secchi subito una. Ecco, io ho tutto e la mia notte esiste. La vivo, la brucio e l'assaporo.
Se non riesci a dormire, diventa amico della notte, riuscirà a farti trascorrere il tempo in fretta, e, quando sarà mattino, ne vorrai ancora un po', ma dovrai aspettare, perché la notte è puttana, si concede, ti fa impazzire e poi va via. Lasciandoti in quel letto sfatto con il desiderio di ricominciare. Ché il giorno, in fondo, è un po' troppo bacchettone.
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