Scrivo piano, per non svegliare la città.
In punta di dita scorrono i pensieri, e sorrido alla notte che si è acquattata accanto a me, ha voglia di raccontarmi una storia che conosco, perché la notte è ladra di vite se resti sveglio. Lei sorride e legge i tuoi pensieri, mentre ti accarezza il viso, e non puoi fare a meno di aprire per lasciarla entrare.
E mi vuoi raccontare di quando non riuscivo a staccarmi da quelle braccia, di quel bacio che doveva essere l'ultimo, e poi ancora e ancora.
La notte proietta le immagini della mia mente sullo schermo spento della tv, e non mi riconosco ma sono.
Chiudo gli occhi, perché fa male, perché vedere e sentire significa rivivere, ma non è la stessa cosa, non è il posto giusto, e manca qualcosa. Manca sempre qualcosa per concludere la scheda della serenità, un punto stella, due punti jolly e qualche margherita.
Non farmi vedere, lasciami guardare; non voglio sentire, ascoltami; devo andare, resta ancora un po'.
La notte che passeggia sulle domande e lentamente scivola, appoggia la testa sulle mie gambe e sente.
La notte che corre sulle risposte, e si asciuga le lacrime, bagnandomi la pelle.
La notte che fa la misteriosa all'arrivo dell'alba e sparisce.
E mi vuoi spiegare il nesso di tutto questo, come se ci fosse un solo senso, mentre ognuno rivendica la propria terra di confine, mentre la pelle vibra, mentre si stacca una foglia dall'albero, mentre il vento la solleva dolcemente per alleggerire la caduta, mentre sono preda delle tue mani e cado. Sprofondo.
La notte mi parla di te, e scorriamo silenziosi, con la pelle scritta e l'inchiostro fresco. La notte che non può dormire e non sa cosa siano i sogni. La notte che legge la mia mente e confonde le cose. La notte che racconta poesie e sogna con me, a buio acceso, vestita di Blu.
Spogliata dalla ragione, vestita di coraggio.
È più notte del solito. Rido per colorare la mancanza, per nascondermi in quell'abbraccio e far finta di dormire. Mentre il fuoco brucia e il ghiaccio ancora di più. Vorrei dormire, ma non sono più capace e non è facile,
E ti guardo dormire, mentre maledico la luce del sole.
È una notte che vuole restare a farmi compagnia, in silenzio mi sorride, come il migliore degli amici che sa quando è ora di tacere.
È una notte da mordere il cuscino per non urlare. O da andare al bar.
Per me, la solita malinconia. Questa volta facciamo in tazza di vetro.
mercoledì 28 agosto 2013
lunedì 26 agosto 2013
L'incoerenza della notte (delirio dell'insonnia)
Stanotte prenderei il primo volo per andare in un luogo a sorpresa, a differenza di ieri, che sarei stata chiusa a pensare ai fatti miei, dicendomi che nessun posto è accogliente come le pareti di casa.
Stasera mangerei una vagonata di nutella, e ieri dicevo che evito la cioccolata in estate, perché non mi soddisfa; perché con il caldo fa male, ma è venuto il temporale e l'aria è fresca, quindi la nutella ci starebbe benissimo, come il nero sul bianco, come cacio sui maccheroni, come (stop).
Berrei un caffè, ma poi non dormo, e sono già le 2.10 Mi accontento di una Red Bull, così metto le ali e volo in quel posto a sorpresa.
Non ho fame e sgranocchio Pringles, ho voglia di silenzio e alzo il volume della musica, domani è lunedì e per me sarà domenica.
La notte mi assomiglia, sono una persona lunare, e anche un po' lunatica, così dicono gli altri e gli altri hanno sempre ragione, così mi hanno detto, ovviamente sempre loro, gli altri, allora alzo le spalle e lo dico anche io, intanto continuo a fare come mi pare, tenendomi il fagotto di torto e girando il mio mondo, quello piccolo, quello che mi hanno lasciato gli altri.
Ho paura del temporale e tengo la finestra aperta perché mi piace l'odore della pioggia; è una notte da corrompere, da sorprendere, come si dovrebbe fare con chi ti sta a cuore, e ora che l'ho scritto sono fregata, perché lo leggo e mi gira in testa, fulmine a ciel sereno, nonostante le nuvole. Non si chiedono le sorprese, si desiderano e si ricevono, o si fanno, ma non si chiedono, perché se poi non arrivano e lo hai detto a voce alta, non puoi continuare a giustificare chi non ti merita o non ha la capacità di sorprenderti come all'inizio. Magari non ha voglia, e quello che ha attirato la tua attenzione era tutto lì, consumato in un attimo, perché non si deve risparmiare in certi casi, le persone devono essere inesauribili, se finiscono presto vuol dire che avevano poco, oppure hanno le scorte sotto chiave. La passione non è avara, brucia e non sente il caldo dell'estate, scalda in inverno e la indossi in qualsiasi stagione. Conosco la mia passione, riconosco quella degli altri, perché è come una piuma invisibile che ti percorre e solletica tutto il corpo, lui parla e ti abbracci per nasconderti, per abbassare la pelle, poi fanculo, la lasci così, rialzata, e chissenefrega, la bruci. Riconosco l'assenza di passione, è una notte senza giorno, un giorno senza notte, un mozzicone di candela che galleggia nell'acqua e tu non hai niente per asciugarlo, un fiammifero che non vuoi buttare via così.
Un aereo tra le nuvole, vorrei essere lì. Starà andando in quel luogo a sorpresa, quello che doveva essere la mia sorpresa, invece sono qui che evito di alzare gli occhi verso lo schermo della tv perché c'è un film horror, e ormai sono le 2.30 passate, mi è bastato vedere una mano mozzata, ho il telecomando sul tavolo. Non ho voglia di alzarmi a prenderlo. Scruto il monitor e fanculo all'aereo che è passato (maledetto anche il correttore che mi cambia fanculo con fanciullo). Ora ho perso il filo del discorso, posto che ne abbia tenuto in mano un capo, forse no, forse non c'era alcun filo, del resto, c'è il temporale, tira vento e ho dovuto bloccare anche la finestra.
Vado a dormire, ma non ho sonno.
Sono incoerente, come potrei non esserlo, la notte non è coerente, per questo la amo così tanto.
Berrei un caffè, ma poi non dormo, e sono già le 2.10 Mi accontento di una Red Bull, così metto le ali e volo in quel posto a sorpresa.
Non ho fame e sgranocchio Pringles, ho voglia di silenzio e alzo il volume della musica, domani è lunedì e per me sarà domenica.
La notte mi assomiglia, sono una persona lunare, e anche un po' lunatica, così dicono gli altri e gli altri hanno sempre ragione, così mi hanno detto, ovviamente sempre loro, gli altri, allora alzo le spalle e lo dico anche io, intanto continuo a fare come mi pare, tenendomi il fagotto di torto e girando il mio mondo, quello piccolo, quello che mi hanno lasciato gli altri.
Ho paura del temporale e tengo la finestra aperta perché mi piace l'odore della pioggia; è una notte da corrompere, da sorprendere, come si dovrebbe fare con chi ti sta a cuore, e ora che l'ho scritto sono fregata, perché lo leggo e mi gira in testa, fulmine a ciel sereno, nonostante le nuvole. Non si chiedono le sorprese, si desiderano e si ricevono, o si fanno, ma non si chiedono, perché se poi non arrivano e lo hai detto a voce alta, non puoi continuare a giustificare chi non ti merita o non ha la capacità di sorprenderti come all'inizio. Magari non ha voglia, e quello che ha attirato la tua attenzione era tutto lì, consumato in un attimo, perché non si deve risparmiare in certi casi, le persone devono essere inesauribili, se finiscono presto vuol dire che avevano poco, oppure hanno le scorte sotto chiave. La passione non è avara, brucia e non sente il caldo dell'estate, scalda in inverno e la indossi in qualsiasi stagione. Conosco la mia passione, riconosco quella degli altri, perché è come una piuma invisibile che ti percorre e solletica tutto il corpo, lui parla e ti abbracci per nasconderti, per abbassare la pelle, poi fanculo, la lasci così, rialzata, e chissenefrega, la bruci. Riconosco l'assenza di passione, è una notte senza giorno, un giorno senza notte, un mozzicone di candela che galleggia nell'acqua e tu non hai niente per asciugarlo, un fiammifero che non vuoi buttare via così.
Un aereo tra le nuvole, vorrei essere lì. Starà andando in quel luogo a sorpresa, quello che doveva essere la mia sorpresa, invece sono qui che evito di alzare gli occhi verso lo schermo della tv perché c'è un film horror, e ormai sono le 2.30 passate, mi è bastato vedere una mano mozzata, ho il telecomando sul tavolo. Non ho voglia di alzarmi a prenderlo. Scruto il monitor e fanculo all'aereo che è passato (maledetto anche il correttore che mi cambia fanculo con fanciullo). Ora ho perso il filo del discorso, posto che ne abbia tenuto in mano un capo, forse no, forse non c'era alcun filo, del resto, c'è il temporale, tira vento e ho dovuto bloccare anche la finestra.
Vado a dormire, ma non ho sonno.
Sono incoerente, come potrei non esserlo, la notte non è coerente, per questo la amo così tanto.
venerdì 16 agosto 2013
Chi ha paura della Tweetstar?
"Chi sono, da dove vengono, di cosa si nutrono e che intenzioni hanno?"
Quesiti degni di Giacobbo e di uno speciale Mistero più approfondito della puntata Maya.
Credo che il termine Tweestar sia stato coniato con l'apertura di Twitter. Tutti ne parlano, ma, stringi stringi, a una domanda semplice come "Chi sono?" nessuno risponde.
Appena iscritta leggevo questi pensieri campati in aria in cui compariva il termine, credevo fossero i personaggi noti della tv, un modo alternativo per chiamare le stelle del video, invece, con il tempo, ho capito che dare della "Tweetstar" a qualcuno, è quasi peggio dell'insulto a un genitore.
Ogni parola ha un suo colore, suono, odore. Nel termine "Tweetstar" si sente l'intenzione, il disprezzo profondo, quasi fosse la Lettera scarlatta da mettere in biografia, se solo ci fosse un elenco, ma a nulla sono serviti anni e anni di appostamenti e ricerche; nessuno le ha viste, eppure tutti giurano sulla loro esistenza. Un po' come Keyser Söze, intorno alla vita di una Tweetstar sono state create leggende da non far chiudere occhio la notte, ho sentito dire che una Tweetstar, di fronte alla minaccia di uccidere un gattino di Instagram se non avesse consegnato le proprie bozze, abbia staccato la testa al cucciolo e se la sia mangiata ridendo a crepapelle. Cose da urli.
C'è chi isola la Tweetstar in coloro che hanno tanti follower, chi giurerebbe di aver visto Tweetstar non retweettare mai, chi invece pensa siano persone che hanno più followers che following. Una persona mi ha raccontato che le Tweestars non rispondono alle menzioni, neanche una stellina, un'altra dice che loro stellinano e basta.
Non dimenticherò mai l'incontro con quel ragazzo impaurito, al tavolo di un bar, che mi disse di aver visto più Tweetstar interagire solo tra loro, alcuni si scambiavano complimenti e Retweet, ero sconvolta, abbassando la voce di un tono, gli chiesi chi fossero, e, iniziando a tremare mi disse che Essi sono ogni giorno sotto gli sguardi di tutti. E se ne andò così.
Mentre scrivo questo post per fare luce su un Mistero più grande di me, riordino il materiale accumulato in più di un anno e mezzo; ogni tanto mi guardo le spalle per paura che mi sorprenda uno di loro, non sono tranquilla, e, se dovessi sparire e qualcuno leggesse queste parole, indagate su Twitter. Sicuramente la chiave di tutto è lì dentro.
Dati ottenuti:
Hanno tanti Follower.
Non Retwittano.
Hanno migliaia di Follower e poche centinaia di Following.
Non rispondono alle menzioni.
Non stelinano.
Stellinano e Basta.
Interagiscono tra loro.
Si Retwittano tra loro.
Tutti negano.
Sono tra noi.
Prove concrete:
Nessuna.
Sospettati:
Chiunque.
Gli occhi bruciano, il posacenere è pieno e, fossi stata un uomo, avrei la barba lunga, ma non si può avere tutto.
La mia ricerca ha portato a domande su domande, nessuno ha saputo fare luce sulla questione. Traggo le mie conclusioni.
Le Tweetstar sono una leggenda metropolitana. Come tutte le leggende, anche quella della Tweetstar, nasce da una verità distorta e riportata ai giorni nostri con particolari ricchi di ricami e merletti. Un romanzo degno di Jeffery Deaver.
Credo che i primi utenti di Twitter si siano trovati in questa nuova realtà, con poche persone, a sperimentare un Social Network usando la sintesi e dando sfogo alla propria fantasia, centellinando il tempo libero. Con gli anni e l'arrivo di molte altre persone, i primi utenti si sono trovati spiazzati e felici, ma sommersi dalla voglia di comunicare di ogni nuova persona, molti con linguaggio, usi e costumi diversi. La reazione non è stata uguale per tutti, perché non siamo tutti uguali.
Alcuni hanno scelto cosa leggere, altri usano il tempo libero per scrivere, senza sprecarlo in numerose interazioni, poi c'è chi retwitta solo ciò che sente più vicino al proprio stile, o chi sceglie di non retwittare per motivi suoi. Per quanto riguarda il numero di following, la scelta di selezionare nasce anche (e non solo) dall'esigenza di essere tranquilli e non avere rotture in forma privata, da quando lo faccio anche io, sono spariti tutti quei dm fastidiosi a sfondo sessuale che fanno venire voglia di chiudere tutto e andare via. E Seguire persone che usano twitter solo per intergire, non ha senso, a mio avviso (Come ho già spiegato nel post sul mio uso del Social Network). Ora che ci penso, siamo tutti possibili Tweetstar, chi non ha almeno uno di questi requisiti, punta il dito su chi fa di Twitter un angolo a proprio uso e consumo che, possibilmente, sia piacevole, visto che non è un lavoro.
Ho ripescato questo post parcheggiato nelle bozze. Stamattina ho letto una frase su Twitter che mi ha fatto venire voglia di rispolverarlo. Scritta da una persona che ha una sintesi invidiabile e riassume, in parte, il mio pensiero.
Da Fran Altomare @FranAltomare : Il concetto di Tweetstar è identico al concetto di Uomo Nero. Esiste solo per metter paura. Nelle storielle. Ai bambini.
O forse no?
Il bello di Twitter è anche questo. Nel dubbio, guardatevi le spalle. Sempre.
Quesiti degni di Giacobbo e di uno speciale Mistero più approfondito della puntata Maya.
Credo che il termine Tweestar sia stato coniato con l'apertura di Twitter. Tutti ne parlano, ma, stringi stringi, a una domanda semplice come "Chi sono?" nessuno risponde.
Appena iscritta leggevo questi pensieri campati in aria in cui compariva il termine, credevo fossero i personaggi noti della tv, un modo alternativo per chiamare le stelle del video, invece, con il tempo, ho capito che dare della "Tweetstar" a qualcuno, è quasi peggio dell'insulto a un genitore.
Ogni parola ha un suo colore, suono, odore. Nel termine "Tweetstar" si sente l'intenzione, il disprezzo profondo, quasi fosse la Lettera scarlatta da mettere in biografia, se solo ci fosse un elenco, ma a nulla sono serviti anni e anni di appostamenti e ricerche; nessuno le ha viste, eppure tutti giurano sulla loro esistenza. Un po' come Keyser Söze, intorno alla vita di una Tweetstar sono state create leggende da non far chiudere occhio la notte, ho sentito dire che una Tweetstar, di fronte alla minaccia di uccidere un gattino di Instagram se non avesse consegnato le proprie bozze, abbia staccato la testa al cucciolo e se la sia mangiata ridendo a crepapelle. Cose da urli.
C'è chi isola la Tweetstar in coloro che hanno tanti follower, chi giurerebbe di aver visto Tweetstar non retweettare mai, chi invece pensa siano persone che hanno più followers che following. Una persona mi ha raccontato che le Tweestars non rispondono alle menzioni, neanche una stellina, un'altra dice che loro stellinano e basta.
Non dimenticherò mai l'incontro con quel ragazzo impaurito, al tavolo di un bar, che mi disse di aver visto più Tweetstar interagire solo tra loro, alcuni si scambiavano complimenti e Retweet, ero sconvolta, abbassando la voce di un tono, gli chiesi chi fossero, e, iniziando a tremare mi disse che Essi sono ogni giorno sotto gli sguardi di tutti. E se ne andò così.
Mentre scrivo questo post per fare luce su un Mistero più grande di me, riordino il materiale accumulato in più di un anno e mezzo; ogni tanto mi guardo le spalle per paura che mi sorprenda uno di loro, non sono tranquilla, e, se dovessi sparire e qualcuno leggesse queste parole, indagate su Twitter. Sicuramente la chiave di tutto è lì dentro.
Dati ottenuti:
Hanno tanti Follower.
Non Retwittano.
Hanno migliaia di Follower e poche centinaia di Following.
Non rispondono alle menzioni.
Non stelinano.
Stellinano e Basta.
Interagiscono tra loro.
Si Retwittano tra loro.
Tutti negano.
Sono tra noi.
Prove concrete:
Nessuna.
Sospettati:
Chiunque.
Gli occhi bruciano, il posacenere è pieno e, fossi stata un uomo, avrei la barba lunga, ma non si può avere tutto.
La mia ricerca ha portato a domande su domande, nessuno ha saputo fare luce sulla questione. Traggo le mie conclusioni.
Le Tweetstar sono una leggenda metropolitana. Come tutte le leggende, anche quella della Tweetstar, nasce da una verità distorta e riportata ai giorni nostri con particolari ricchi di ricami e merletti. Un romanzo degno di Jeffery Deaver.
Credo che i primi utenti di Twitter si siano trovati in questa nuova realtà, con poche persone, a sperimentare un Social Network usando la sintesi e dando sfogo alla propria fantasia, centellinando il tempo libero. Con gli anni e l'arrivo di molte altre persone, i primi utenti si sono trovati spiazzati e felici, ma sommersi dalla voglia di comunicare di ogni nuova persona, molti con linguaggio, usi e costumi diversi. La reazione non è stata uguale per tutti, perché non siamo tutti uguali.
Alcuni hanno scelto cosa leggere, altri usano il tempo libero per scrivere, senza sprecarlo in numerose interazioni, poi c'è chi retwitta solo ciò che sente più vicino al proprio stile, o chi sceglie di non retwittare per motivi suoi. Per quanto riguarda il numero di following, la scelta di selezionare nasce anche (e non solo) dall'esigenza di essere tranquilli e non avere rotture in forma privata, da quando lo faccio anche io, sono spariti tutti quei dm fastidiosi a sfondo sessuale che fanno venire voglia di chiudere tutto e andare via. E Seguire persone che usano twitter solo per intergire, non ha senso, a mio avviso (Come ho già spiegato nel post sul mio uso del Social Network). Ora che ci penso, siamo tutti possibili Tweetstar, chi non ha almeno uno di questi requisiti, punta il dito su chi fa di Twitter un angolo a proprio uso e consumo che, possibilmente, sia piacevole, visto che non è un lavoro.
Ho ripescato questo post parcheggiato nelle bozze. Stamattina ho letto una frase su Twitter che mi ha fatto venire voglia di rispolverarlo. Scritta da una persona che ha una sintesi invidiabile e riassume, in parte, il mio pensiero.
Da Fran Altomare @FranAltomare : Il concetto di Tweetstar è identico al concetto di Uomo Nero. Esiste solo per metter paura. Nelle storielle. Ai bambini.
O forse no?
Il bello di Twitter è anche questo. Nel dubbio, guardatevi le spalle. Sempre.
lunedì 12 agosto 2013
Segni
Non in punta di piedi, perché questo è il mio sogno. Scalzo come me, e sento il pavimento liscio e fresco sotto i piedi. Non svegliatemi.
Darsi a fior di labbra, perché non c'è tempo per dire, l'alba è alle porte e non voglio ci sorprenda a parlare. È una notte dalla voce di velluto e il tocco musicale, come quei motivi che senti uscire da una finestra buia, quelli che non puoi fare a meno di ascoltare in silenzio, mentre osservi il cielo e fumi l'ultima prima di andare a dormire. È una notte dalla pelle calda e mani decise che stringono, ché non c'è tempo per fare le cose con calma e questo sogno mi appartiene; lo stringo, lo graffio, lo vivo nel respiro e sotto pelle.
Mentre, intorno, la città scorre lenta e ignara; mentre il silenzio arrossisce e si volta dall'altra parte.
Rotto, come dal suono di un cristallo scagliato sul pavimento.
Rotto, come dall'arrivo del treno.
Rotto, dalle suppliche soffocate sulla tua spalla.
Mordo le dita per non svegliare il giorno, facciamo piano, ma piano non fa per noi che abbiamo le ore contate e la voglia suonata.
Stringimi, fino a sentire le pulsazioni del mio cuore in ogni centimetro di pelle. Stringimi, per trovarmi al risveglio, e, se non hai più forza, stringerò io.
Chiudo gli occhi sul tuo sguardo che studia ogni mia espressione, non posso riaprirli, non stanotte, ma, se me lo chiedi, lo farò; e ti perderai.
Che ore sono, no, non dirmelo e torna qui. Lascia che il giorno aspetti, e tu stringimi fino a lasciare il segno, ma non il sogno.
sabato 10 agosto 2013
Stelle svogliate
Non ho mai visto una stella cadente nella notte di San Lorenzo.
Dove abito, il cielo si mostra senza vergogna, sfoggiando l'abito invernale o i monili estivi senza ritegno; qualche perla l'ha buttata nel mese di ottobre, abitavo qui da pochi giorni quando ho visto la prima stella cadente, un buon inizio per la nuova casa, nella nuova città, per la nuova me.
Per questo stasera non tengo il naso per aria, ogni tanto alzo gli occhi, poi vedo che tutto è al suo posto e li riabbasso sul monitor. Tanto non è ottobre, e quei movimenti strani sono solo aerei che vanno chissà dove, illudendo noi formiche con le loro lucine in movimento e un carico di gente che proprio in questo momento realizzerà di aver lasciato il libro a casa, qualcuno l'aspirina.
Questa sera si parla tanto di stelle, come se durante l'anno non ci fossero, come se il cielo chiudesse il sipario per restauro tutti gli altri giorni dell'anno. E mi sembra di sentirlo brontolare che se potesse ce le tirerebbe in testa una a una, giusto per ricordarci di alzare lo sguardo, ogni tanto, non solo stanotte.
Alzo gli occhi, giusto per assicurarmi che non mi arrivi niente addosso, giusto per controllare che sia sempre tutto regolare. Niente di strano, niente di diverso, se non quell'aereo che fa il suo dovere e la signora isterica che cerca il suo libro nel bagaglio a mano, mentre l'uomo accanto ha le cuffie per non sentire ancora una volta quanto lei si sia data da fare, per non sentire che se fosse arrivato venti minuti prima lei avrebbe avuto tempo di controllare anche la sua borsa.
Intanto le stelle fanno la conta per sapere a chi tocca andare sotto.
Mentre fisso il monitor, mentre alzo lo sguardo e mentre lo riabbasso. Con il mio libro sul comodino, l'aspirina nell'armadietto, i piedi per terra e la testa sempre tra le nuvole. Senza biglietto.
A cadere tocca a te.
Esprimi un desiderio.
Dove abito, il cielo si mostra senza vergogna, sfoggiando l'abito invernale o i monili estivi senza ritegno; qualche perla l'ha buttata nel mese di ottobre, abitavo qui da pochi giorni quando ho visto la prima stella cadente, un buon inizio per la nuova casa, nella nuova città, per la nuova me.
Per questo stasera non tengo il naso per aria, ogni tanto alzo gli occhi, poi vedo che tutto è al suo posto e li riabbasso sul monitor. Tanto non è ottobre, e quei movimenti strani sono solo aerei che vanno chissà dove, illudendo noi formiche con le loro lucine in movimento e un carico di gente che proprio in questo momento realizzerà di aver lasciato il libro a casa, qualcuno l'aspirina.
Questa sera si parla tanto di stelle, come se durante l'anno non ci fossero, come se il cielo chiudesse il sipario per restauro tutti gli altri giorni dell'anno. E mi sembra di sentirlo brontolare che se potesse ce le tirerebbe in testa una a una, giusto per ricordarci di alzare lo sguardo, ogni tanto, non solo stanotte.
Alzo gli occhi, giusto per assicurarmi che non mi arrivi niente addosso, giusto per controllare che sia sempre tutto regolare. Niente di strano, niente di diverso, se non quell'aereo che fa il suo dovere e la signora isterica che cerca il suo libro nel bagaglio a mano, mentre l'uomo accanto ha le cuffie per non sentire ancora una volta quanto lei si sia data da fare, per non sentire che se fosse arrivato venti minuti prima lei avrebbe avuto tempo di controllare anche la sua borsa.
Intanto le stelle fanno la conta per sapere a chi tocca andare sotto.
Mentre fisso il monitor, mentre alzo lo sguardo e mentre lo riabbasso. Con il mio libro sul comodino, l'aspirina nell'armadietto, i piedi per terra e la testa sempre tra le nuvole. Senza biglietto.
A cadere tocca a te.
Esprimi un desiderio.
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mercoledì 7 agosto 2013
I ricordi sgualciti
Mi rifugio in ricordi sgualciti, alla ricerca di quelle tracce che si erano perse tra una corsa a piedi nudi e il sapore delle prugne acerbe appena staccate dall'albero.
E la voce di nonna che diceva che mi sarebbe venuto il mal di pancia mi riporta a quel profumo di pane appena sfornato mescolato al sapone di marsiglia della sua pelle. La voce severa e lo sguardo che si addolciva di fronte alla mia faccia colpevole e le ginocchia sbucciate. Il suo abbraccio, i suoi baci e la mia voglia di tornare a casa con lei.
"Se fai così non vengo più a trovarti."
E intanto guardava mia madre aspettando il suo consenso per portarmi con sé.
Mi rifugio in quella piccola cucina dai pavimenti lucidi e il profumo di amore, priva di merendine confezionate, ricca di pane caldo e olio, di focaccia dolce e biscotti appena sfornati. Piccola e spaesata nella mia camera, perché la mia stanza era il lettone della nonna, svogliata di fronte alle polpette della mamma, perché le polpette della nonna erano più buone, anche se allungava l'impasto di carne con un po' di pane in più avendo altri figli in casa; piccola e spaesata durante le vacanze estive, e non vedevo l'ora ricominciasse la scuola per tornare a casa mia, anche se c'ero, ma l'altra casa era più sicura, e la nonna aveva sempre la soluzione per ogni cosa.
Mi rifugio in ricordi sgualciti che hanno i colori di cosmetici a buon mercato e l'odore di baci alla bigbabol, rubati in un parcheggio, mentre il resto del mondo non interessava a me e alle braccia che mi stringevano convinte di possedere, quando, in realtà, scivolavi via da ogni angolo insieme alla tua mente che non riuscivi a spegnere. E mi domandavo cosa fosse l'abbandono di cui tutti parlavano, quando io avevo la dimora fissa nella mia testa, e non riuscivo a perdermi mai.
Mi rifugio in ricordi sgualciti che ho coperto da un telo di lino. La giusta trasparenza del vedo poco perché fa male spiccare il volo e allontanarsi dalla tua dimora. Rischi di perderti per scoprire che la tua testa non ha più residenza, allora soggiorni dove capita, alla ricerca di qualcosa o qualcuno di familiare, che è sempre stato lì ma che non vedi. Intanto il tempo ti bussa alle spalle, portandoti via gli affetti più cari. Quel profumo di pane appena sfornato e sapone di marsiglia saranno per sempre un ricordo sgualcito che avevi dimenticato crescendo, allontanandoti dal nido, sentendoti grande e vissuta, quando non capivi niente, quando eri più consapevole da piccola quali fossero le priorità e gli affetti veri, quando hai alzato le spalle perché ci sono amori che continueranno a essere tali a prescindere e amori che non possono aspettare. Ed è stata la scelta dei secondi, a sgualcire i miei ricordi.
E la voce di nonna che diceva che mi sarebbe venuto il mal di pancia mi riporta a quel profumo di pane appena sfornato mescolato al sapone di marsiglia della sua pelle. La voce severa e lo sguardo che si addolciva di fronte alla mia faccia colpevole e le ginocchia sbucciate. Il suo abbraccio, i suoi baci e la mia voglia di tornare a casa con lei.
"Se fai così non vengo più a trovarti."
E intanto guardava mia madre aspettando il suo consenso per portarmi con sé.
Mi rifugio in quella piccola cucina dai pavimenti lucidi e il profumo di amore, priva di merendine confezionate, ricca di pane caldo e olio, di focaccia dolce e biscotti appena sfornati. Piccola e spaesata nella mia camera, perché la mia stanza era il lettone della nonna, svogliata di fronte alle polpette della mamma, perché le polpette della nonna erano più buone, anche se allungava l'impasto di carne con un po' di pane in più avendo altri figli in casa; piccola e spaesata durante le vacanze estive, e non vedevo l'ora ricominciasse la scuola per tornare a casa mia, anche se c'ero, ma l'altra casa era più sicura, e la nonna aveva sempre la soluzione per ogni cosa.
Mi rifugio in ricordi sgualciti che hanno i colori di cosmetici a buon mercato e l'odore di baci alla bigbabol, rubati in un parcheggio, mentre il resto del mondo non interessava a me e alle braccia che mi stringevano convinte di possedere, quando, in realtà, scivolavi via da ogni angolo insieme alla tua mente che non riuscivi a spegnere. E mi domandavo cosa fosse l'abbandono di cui tutti parlavano, quando io avevo la dimora fissa nella mia testa, e non riuscivo a perdermi mai.
Mi rifugio in ricordi sgualciti che ho coperto da un telo di lino. La giusta trasparenza del vedo poco perché fa male spiccare il volo e allontanarsi dalla tua dimora. Rischi di perderti per scoprire che la tua testa non ha più residenza, allora soggiorni dove capita, alla ricerca di qualcosa o qualcuno di familiare, che è sempre stato lì ma che non vedi. Intanto il tempo ti bussa alle spalle, portandoti via gli affetti più cari. Quel profumo di pane appena sfornato e sapone di marsiglia saranno per sempre un ricordo sgualcito che avevi dimenticato crescendo, allontanandoti dal nido, sentendoti grande e vissuta, quando non capivi niente, quando eri più consapevole da piccola quali fossero le priorità e gli affetti veri, quando hai alzato le spalle perché ci sono amori che continueranno a essere tali a prescindere e amori che non possono aspettare. Ed è stata la scelta dei secondi, a sgualcire i miei ricordi.
martedì 6 agosto 2013
E la notte bussò
È una notte fresca e seria come i guai, questa. Una di quelle notti in cui se esci fuori hai freddo, se resti in casa hai caldo, se bevi hai fame e se mangi hai sete.
E premo le cuffiette sulle orecchie, come quando ero piccola e mi appoggiavo alla radio per isolare il resto, come se la musica fosse il mare e quella scatola di plastica una conchiglia.
È una notte che sta aspettando qui fuori e non so ancora dove mi porterà, e, a dirla tutta, non sono pronta.
Era quasi fatta, un attimo e sarei andata a dormire, invece arriva la notte sotto casa e suona il citofono, puntuale come un esattore, solo che al posto dei soldi mi toglie il sonno. allora apro un foglio bianco, lo osservo e inizio a scrivere, anche se non so ancora dove andrò, non so che nome dare a questo silenzio, però mi piace, ci diamo del tu.
Allungo le gambe stanche, accendo una sigaretta e mi preparo senza troppa convinzione, penso alle stelle e alla loro eleganza, mentre io sono qui a ricevere la notte in pantaloncini e canotta, a piedi scalzi, con i capelli scompigliati e i pensieri incastrati in mezzo, non ero preparata, come accade quando incontri l'ex per strada e non sei mai sistemata troppo bene, mentre lui è splendido e ti dice di trovarti bene e vorresti strappargli la faccia, ma ti dai un tono e sorridi, senza rispondere "anche tu", perché omettere non è mentire.
Ma la notte è diversa, quando arriva ti guarda come nessuno mai. E sai di essere bellissima, anche con canotta, pantaloncini, scalza e con i capelli scompigliati. I pensieri, già, quelli però non fai in tempo a metterli nell'elenco che escono per farsi accarezzare, come puttane che scodinzolano per avere una porzione di amore artificiale.
È una notte saggia come le storie negli occhi di un vecchio pescatore, quelle inventate e quelle vissute, che neanche lui ricorda più quali siano le une o le altre.
E la carrellata di ricordi sfila, mescolata alla fantasia. Vissuto e immaginario, sogno o realtà, poco importa, sono fuori con la notte e tutto è concesso, almeno, fino all'arrivo dell'alba. Mentre porto le ginocchia verso il petto, per sentirmi più raccolta,
come in un abbraccio,
come tra due mani,
come in uno sguardo.
Bisogno di sentirsi bene in una trappola.
E non riesco a stare ferma, alzo il volume della musica per non ascoltarmi, incrocio le gambe e sistemo il portatile sulle ginocchia, ma fa caldo e la pelle brucia nel modo sbagliato; non dovrebbe andare così, è tutto sbagliato, fuori posto e anche la musica stona, ma sembro l'unica a sentirla; la notte sorride, per lei è tutta uguale la musica, mi guarda, con quegli occhi indulgenti, lo sguardo che si riserva a un bambino che, nel giochino della Chicco, cerca d'incastrare la stella nello spazio della luna.
Quando il gioco cambia, quando non si rispettano più le regole e ti accorgi che stai indossando solo una canotta e dei pantaloncini consumati, ti senti nuda a una festa di gala, e forse, neanche così bellissima sotto quello sguardo scuro; perché la notte, se vuole, sa mentire; e se credi in lei sei una stupida.
È una notte che sta aspettando qui fuori e non so ancora dove mi porterà, e, a dirla tutta, non sono pronta.
Era quasi fatta, un attimo e sarei andata a dormire, invece arriva la notte sotto casa e suona il citofono, puntuale come un esattore, solo che al posto dei soldi mi toglie il sonno. allora apro un foglio bianco, lo osservo e inizio a scrivere, anche se non so ancora dove andrò, non so che nome dare a questo silenzio, però mi piace, ci diamo del tu.
Allungo le gambe stanche, accendo una sigaretta e mi preparo senza troppa convinzione, penso alle stelle e alla loro eleganza, mentre io sono qui a ricevere la notte in pantaloncini e canotta, a piedi scalzi, con i capelli scompigliati e i pensieri incastrati in mezzo, non ero preparata, come accade quando incontri l'ex per strada e non sei mai sistemata troppo bene, mentre lui è splendido e ti dice di trovarti bene e vorresti strappargli la faccia, ma ti dai un tono e sorridi, senza rispondere "anche tu", perché omettere non è mentire.
Ma la notte è diversa, quando arriva ti guarda come nessuno mai. E sai di essere bellissima, anche con canotta, pantaloncini, scalza e con i capelli scompigliati. I pensieri, già, quelli però non fai in tempo a metterli nell'elenco che escono per farsi accarezzare, come puttane che scodinzolano per avere una porzione di amore artificiale.
È una notte saggia come le storie negli occhi di un vecchio pescatore, quelle inventate e quelle vissute, che neanche lui ricorda più quali siano le une o le altre.
E la carrellata di ricordi sfila, mescolata alla fantasia. Vissuto e immaginario, sogno o realtà, poco importa, sono fuori con la notte e tutto è concesso, almeno, fino all'arrivo dell'alba. Mentre porto le ginocchia verso il petto, per sentirmi più raccolta,
come in un abbraccio,
come tra due mani,
come in uno sguardo.
Bisogno di sentirsi bene in una trappola.
E non riesco a stare ferma, alzo il volume della musica per non ascoltarmi, incrocio le gambe e sistemo il portatile sulle ginocchia, ma fa caldo e la pelle brucia nel modo sbagliato; non dovrebbe andare così, è tutto sbagliato, fuori posto e anche la musica stona, ma sembro l'unica a sentirla; la notte sorride, per lei è tutta uguale la musica, mi guarda, con quegli occhi indulgenti, lo sguardo che si riserva a un bambino che, nel giochino della Chicco, cerca d'incastrare la stella nello spazio della luna.
Quando il gioco cambia, quando non si rispettano più le regole e ti accorgi che stai indossando solo una canotta e dei pantaloncini consumati, ti senti nuda a una festa di gala, e forse, neanche così bellissima sotto quello sguardo scuro; perché la notte, se vuole, sa mentire; e se credi in lei sei una stupida.
lunedì 5 agosto 2013
Scacco alla sera
La sera non lo sa ancora e non ho intenzione di dirglielo.
Una birra, le sigarette a portata di mano e di voglia, piena di buoni propositi messi in fila, ordinati e pettinati; tanto poi andranno in fumo, come quando si fanno i conti senza l'oste e tutte quelle belle cose che servono agli altri, anche se tu non le vuoi sentire, che ti violentano le orecchie, e annuisci con aria anche interessata, intanto pensi "ma chi lo conosce l'oste?" e ripassi ogni tua intenzione, facendoti forza e credendoci sul serio. Sei convinta.
E la sera non lo sa.
Spengo la luce, per non insospettire, sento la birra fresca sulle labbra farsi strada e pungere sulla lingua, senza distogliere lo sguardo accendo una sigaretta e il sapore si mescola come in un bacio. Non ho mai capito chi si lamenta del sapore del tabacco "donne sapete che è come baciare un posacenere?" e ogni volta penso che un coglione come questo, sicuramente, viaggia con lo spray alla menta piperita in tasca come difesa personale sulla metropolitana. Penso anche altro, ma le signore pensano di tutto e di più, come gli uomini, se non peggio, e non lo dicono, non tutte; questione di eleganza e di un pizzico di mistero che spesso gli altri vedono nel tuo sguardo ma non comprendono, alcuni azzardano definendolo "malizia", in realtà, è solo la finestra della tua stanzetta illuminata, quella in cui sei libera di pensare come ti viene, senza per forza aprire bocca, senza sentire ragioni di cui non t'importa nulla, senza osti né conti.
Solo tu, te stessa, le luci fioche del paese, e tutte le tue intenzioni.
Una birra, le sigarette a portata di mano e di voglia, piena di buoni propositi messi in fila, ordinati e pettinati; tanto poi andranno in fumo, come quando si fanno i conti senza l'oste e tutte quelle belle cose che servono agli altri, anche se tu non le vuoi sentire, che ti violentano le orecchie, e annuisci con aria anche interessata, intanto pensi "ma chi lo conosce l'oste?" e ripassi ogni tua intenzione, facendoti forza e credendoci sul serio. Sei convinta.
E la sera non lo sa.
Spengo la luce, per non insospettire, sento la birra fresca sulle labbra farsi strada e pungere sulla lingua, senza distogliere lo sguardo accendo una sigaretta e il sapore si mescola come in un bacio. Non ho mai capito chi si lamenta del sapore del tabacco "donne sapete che è come baciare un posacenere?" e ogni volta penso che un coglione come questo, sicuramente, viaggia con lo spray alla menta piperita in tasca come difesa personale sulla metropolitana. Penso anche altro, ma le signore pensano di tutto e di più, come gli uomini, se non peggio, e non lo dicono, non tutte; questione di eleganza e di un pizzico di mistero che spesso gli altri vedono nel tuo sguardo ma non comprendono, alcuni azzardano definendolo "malizia", in realtà, è solo la finestra della tua stanzetta illuminata, quella in cui sei libera di pensare come ti viene, senza per forza aprire bocca, senza sentire ragioni di cui non t'importa nulla, senza osti né conti.
Solo tu, te stessa, le luci fioche del paese, e tutte le tue intenzioni.
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venerdì 2 agosto 2013
Il respiro rubato
Solo per poco, giusto il tempo di chiudere gli occhi e illudermi che sia dolce come l'ultima volta.
Come un cucchiaino di nutella sulla lingua mangiato una volta, che richiami a te con quel suo sapore inimitabile che riconosceresti tra decine di creme spalmabili.
E ogni volta lo stesso ricordo, quello che ti mette i brividi e ti toglie il fiato, come la sera in cui mi dicevi "respira"e più me lo dicevi più restavo in apnea.
Qual è il suono di un ricordo?
La tua voce bassa che resta sulla pelle ha il suono dei miei pensieri; così lontano; così vicina da insidiarsi in me. Anch'essa.
"Respira"
Mentre gli occhi appannati dal desiderio non vedevano altro che fotogrammi come istantanee prese da un treno in corsa, e labbra rosse rinfrescate dal fiato che prendevo, quando mi dicevi
"Respira"
e poi me lo rubavi di baci e restituivi di passione, il respiro.
Solo per poco, ad occhi chiusi, ricercando ogni cosa che mi parli di te, mentre la musica diventa un altro suono, e la mente scorre le parole fino a confondere le pelli e mescolarle.
E la luna mi aspetta, sono in ritardo. Curiosa e fredda illumina il letto e i ricordi.
"Respira"
Brillo nella penombra della stanza e ricordo ancora. Un per poco che si ripete sempre.
E forse, così, non mi farò troppo male, vorrei però essere un peso sul tuo cuore e una spina nella tua mente. Almeno per un po', giusto il tempo di far ricordare anche a te.
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